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Stili relazionali a confronto: i limiti di un interlocutore passivo.

Gli stili relazionali mostrano vantaggi e limiti delle persone che li adottano nelle diverse situazioni comunicative.
Al vertice opposto dello stile aggressivo, si colloca quello passivo.
I due stili relazionali indicano una prevalenza più che un assolutismo, infatti è piuttosto difficile che una persona rispecchi al 100%, e in ogni situazione, un unico stile, senza mai sconfinare in atteggiamenti più vicini anche agli altri stili.
L’equilibro tra lo stile aggressivo e quello passivo può esistere, ma raramente ci viene donato dalla natura, piuttosto è frutto di un lavoro serio e continuativo sulle proprie modalità comunicative e atteggiamenti verso gli altri.
Se lo stile aggressivo non incoraggia o spaventa, anche quello passivo presenta limiti importanti che possono nuocere seriamente all’obiettivo comunicativo e alla serenità degli interlocutori.
Seguimi in questo rapido focus sullo stile passivo e vediamo le principali caratteristiche dei comportamenti di chi adotta in prevalenza questo stile.
  • Non esporsi
  • Non affermare la propria posizione subendo quella degli altri
  • Non dichiarare i propri desideri né il proprio malcontento
  • Non esprimere emozioni, soprattutto quelle negative
  • Non intervenire nella conversazione per proporre una propria idea
  • Non comunicare disaccordo quando le argomentazioni degli altri sono fortemente in antitesi con i propri valori
  • Manifestare la tendenza a lamentarsi senza mai proporre soluzioni o alternative
  • Evitare di prendere di petto i problemi e di proporre soluzioni

Lo stile passivo presenta degli elementi fortemente connotativi anche nella sfera della comunicazione non verbale e paraverbale, vediamone alcuni.

Quando si ha una maggiore tendenza verso lo stile passivo si manifestano i seguenti comportamenti:

– non guardare negli occhi l’interlocutore
– essere molto evasivo
– avere un volume e un tono di voce basso e cantilenante
– muoversi a scatti e con gesti nervosi
– non si ha una buona fluidità verbale, sono numerose pause ed esitazioni
– si ha una gestione dello spazio tendente ad aumentare la distanza dall’interlocutore
Molte cose da affrontare e su cui lavorare, ad una ad una per adottare uno stile comunicativo che ti avvicini quanto più possibile all’obiettivo che vuoi raggiungere. 🎖️
Come partire?
Parliamone!

Scrivimi: info@matteomaserati.it

Intanto puoi dare un’occhiata qui!

CHIARA, 35 anni, nuovo lavoro e … una situazione di mobbing tra lo stesso sesso. EPISODIO 1

Ora che sai tutto sugli stili relazionali, ecco i link dei post se li hai persi (Il mobbing: prevenire  grazie alle tecniche di comunicazione, Stile di comunicazione passivo e mobbing: chi sono le vittime più facili,  Lo stile che fa la differenza? L’assertività), è arrivato il momento di approdare all’argomento che ti avevo anticipato e che attanaglia una percentuale non trascurabile di popolazione di professionisti: il mobbing.

Di strumenti di comunicazione e sugli stili relazionali abbiamo dettagliato molti aspetti tecnici.
Quello che vorrei fare ora è un focus sul fenomeno del mobbing e sulle dinamiche che ne sono alla base.

Parto dalla storia di Chiara, un nome di fantasia, scelto per raccontare l’esperienza di una donna di 35 anni che si è rivolta a me per acquisire gli strumenti comunicativi e relazionali per superare una situazione che le stava letteralmente distruggendo l’esistenza, oscurando ogni sua giornata con negatività e demotivazione.

Chiara approda come consulente in una multinazionale, le viene assegnato un incarico full time per un periodo di 7 mesi, le vengono presentate le sue colleghe, per lo più donne, per i primi 15 giorni tutto sembra procedere a meraviglia.
Viene assegnata ad una referente di qualche anno più adulta, Chiara è felice di poter condividere questa esperienza con una sua quasi coetanea.

Qualche giorno di lavoro ed arriva il buio, è così che lei stessa lo ha definito.

Ogni suo elaborato, si trattava di un incarico nell’ambito comunicazione, non andava improvvisamente più bene, veniva rimproverata pubblicamente se non aveva terminato il lavoro entro l’ora di pranzo, ed una volta le è stato intimato di non salire in mensa se non avesse finito il lavoro assegnato.

L’atteggiamento della referente era cosa nota presso la divisione dell’azienda, ma si trattava di una professionista molto efficiente e i suoi capi per questo tendevano a tollerare i suoi comportamenti.

Le altre colleghe in qualche modo la subivano, anziché manifestare dissenso cercavano la sua complicità pur di non averla contro.
Con gli uomini aveva un feeling diverso, non entrava in competizione, aveva toni educati, rideva su cose per cui con Chiara avrebbe discusso per ore.
A tavola metteva le borse delle colleghe sulle sedie per non far sedere Chiara al loro tavolo, quando pioveva a dirotto e Chiara aveva il treno con i minuti contati creava palesemente delle situazioni per cui Chiara dovesse trattenersi.

Criticava qualunque cosa al punto che Chiara a un certo punto inizia inspiegabilmente a dubitare delle proprie competenze professionali, aspetto su cui fino a quel momento non aveva mai avuto dubbi così forti.

Non mangiava più, non dormiva più, la mattina in metropolitana piangeva e aveva costantemente un pugno nello stomaco.
Si sfogava con gli amici, i quali le suggerivano di farsi rispettare, di imparare “come prenderla”, di utilizzare lo stesso linguaggio, di non ascoltare.
Eppure il malessere non passava.

Il mobbing è una cosa seria e dolorosa dove purtroppo i consigli di chi ci vuole bene non sono sufficienti per tirarci fuori da questo disagio, difficile da spiegare.

La prima vera difficoltà delle vittime di mobbing è di non sapere come raccontarlo perché si tratta di dinamiche apparentemente incredibili e distanti da logiche adulte.
Eppure esiste ed è un fenomeno molto diffuso, qualcuno lo ha definito un “bullismo tra adulti” e trovo che non sia una definizione così azzardata.

Ogni individuo quando si reca sul posto di lavoro porta con sé un mondo che gli altri ignorano, in quel mondo ci sono le sue preoccupazioni, aspettative, frustrazioni. Nessuno può sapere cosa l’altro sta vivendo e quale momento di grande fragilità stia attraversando: è qui che il mobbing trova terreno fertile e si insinua logorando ogni giorno l’energia e la voglia di mettersi in gioco nel lavoro.

Ho voluto iniziare con la storia di Chiara, per anticiparti che il tema è delicato, per questo andare a fondo è doveroso soprattutto per chi si occupa come me di tematiche relazionali.

Nel prossimo post iniziamo ad analizzare il mobbing come processo andandone a conoscere le logiche.

Nel frattempo non perdere quello che serve per farti trovare pronto, la comunicazione è uno strumento potente, te lo ricordo ogni volta in questo link!

La manifestazione del dissenso: comunicare un NO!

Lo stile assertivo è molto efficace anche nella comunicazione di un “no”, è la modalità relazionale più efficace nella manifestazione del dissenso.

L’assertivo sa dire no dopo aver ascoltato le argomentazioni dell’altro motivando il suo rifiuto, oppure chiedendo di rimandare la valutazione di una proposta non realizzabile in quel momento.

Lo stile assertivo è quello che più degli altri richiede riflessione e ragionamento, è il meno istintivo tra i tre stili descritti perchè è quello meno condizionato dalla componente emotiva.
Lo stile assertivo è molto efficace nelle situazioni in cui è necessario fare chiarezza, in cui devi chiedere una spiegazione, un perchè anche ai tuoi superiori.

Anche per lo stile assertivo mi soffermo su qualche indizio di comunicazione non verbale e paraverbale:

· Adotta un tono di voce molto espressivo ponendo enfasi sulle parole più significative.
· Ha una gestualità che denota determinazione e sicurezza
· Tende a guardare negli occhi l’interlocutore, ma non in modo assillante
· Ha una fluidità verbale chiara e senza intoppi
· Gestisce la prossimità spaziale in funzione del contesto e del momento della conversazione, dunque si avvicina e si allontana
· Nel controllo del tempo è equilibrato e si alterna con l’interlocutore.

Sono arrivato alla fine di questo percorso sugli stili relazionali e prima di salutarti per darti appuntamento al prossimo post, voglio lasciarti qualche utile frase che ti aiuterà nell’individuazione dei 3 stili

· Il passivo: parla più che altro a se stesso “non sarò inopportuno?” “potrei essere giudicato male dicendo questa cosa” “non vorrei ferire qualcuno esponendo la mia idea”.
· L’aggressivo: “devi fare in questo modo”, “ma cosa stai dicendo?”, “non hai capito niente”
· L’assertivo: “potresti espormi nuovamente la tua idea”, “i nostri punti di vista sono diversi è vero, cerchiamo di capirci meglio”, “potresti aiutarmi a comprendere meglio?”

Per concludere
Lo stile assertivo è quello che ti aiuta ad esporti in prima persona valorizzando le tue idee e proposte, è una modalità relazionale che si declina attraverso espressioni come “ritengo, mi sembra opportuno, propongo di, etc. ). Da quanto detto finora potrebbe sembrare che lo stile assertivo sia fortemente idealizzato, che tenda alla perfezione, sicuramente anche in questo caso non vi verrà in mente qualcuno che possa essere rappresentato solo da questo stile. Lo stile assertivo è lo stile a cui tendere, l’atteggiamento più efficace per la comunicazione con l’altro e lo strumento più potente per creare il clima relazionale giusto.

Adesso sai tutto sugli stili relazionali, dal prossimo post entrerò nel vivo del mobbing, un fenomeno che va conosciuto, evitato, combattuto.

Non farti mai trovare impreparato su questi temi: questo è il primo passo per avere successo!

Leggi qui prima di andar via!

Stile di comunicazione passivo e mobbing: chi sono le vittime più facili?

Ho iniziato questo percorso di conoscenza degli stili relazionali partendo dalla volontà di capire il fenomeno del mobbing.

Sono partito dal presupposto che avere gli strumenti giusti avvicina le persone alla soluzione e sapere che stile relazionale utilizza chi ti trovi di fronte non è affatto una cosa da poco.

Partiamo dall’identikit del passivo.
Ti anticipo però che se non hai letto il post della settimana precedente ti perdi pezzi importanti, quindi corri su questo link e recupera il tempo perso!
Torniamo a noi.

Chi applica lo stile passivo?
Lo stile passivo è caratterizzato da una forte inclinazione ad evitare responsabilità e conflitti con l’interlocutore.
I comportamenti rintracciabili nello stile passivo sono:
– Non esporsi
– Non affermare la propria posizione subendo quella degli altri
– Non dichiarare i propri desideri né il proprio malcontento
– Non esprimere emozioni, soprattutto quelle negative
– Non intervenire nella conversazione per proporre una propria idea
– Non comunicare disaccordo quando le argomentazioni degli altri sono fortemente in antitesi con i propri valori
– Manifestare la tendenza a lamentarsi senza mai proporre soluzioni o alternative
– Evitare di prendere di petto i problemi e di proporre soluzioni

Lo stile passivo presenta degli elementi fortemente connotativi anche nella sfera della comunicazione non verbale e paraverbale, vediamone alcuni.

Quando si ha una maggiore tendenza verso lo stile passivo si manifestano i seguenti comportamenti:
– Non guardare negli occhi l’interlocutore
– Essere molto evasivo
– Avere un volume e un tono di voce basso e cantilenante
– Muoversi a scatti e con gesti nervosi
– Non si ha una buona fluidità verbale, compromessa da numerose pause ed esitazioni
– Si ha una gestione dello spazio tendente ad aumentare la distanza dall’interlocutore

Questo un rapido sguardo sullo stile passivo, tenendo sempre ben presente che per la schematizzazione degli stile è necessaria un’estremizzazione dei comportamenti in modo da rendere efficacemente le differenze tra le tre diverse tipologie.
L’obiettivo di chi tende a relazionarsi con uno stile passivo è sempre quello di evitare le discussioni.
Quante volte durante una riunione o anche un confronto tra amici ti è capitato di osservare che uno dei presenti non esprime il suo dissenso nei confronti di chi sta parlando ma tu sai perfettamente, magari perchè lo conosci bene, che non può essere assolutamente d’accordo con le proposte lanciate?

Anche nell’ambiente familiare, ad esempio, spesso un componente con una personalità più trainante riesce a concretizzare i propri desideri magari a scapito di quello che non ha il coraggio di dire nulla, ma abbassa la testa, dice di sì mentre gli trema la voce e non vede l’ora di uscire dalla stanza per andare a sfogare la sua rabbia altrove?
Il passivo si comporta come se i suoi bisogni fossero perennemente secondari rispetto a quelli degli altri.
Ebbene rimanendo sui due precedenti esempi, prova ora ad immaginare che le due persone che hanno subito i comportamenti di altri si trovino ora in un contesto totalmente diverso, con persone meno prepotenti e magari più inclini all’ascolto, vedrai che in un caso simile il “passivo” avrà l’opportunità di mostrare anche la sua area comportamentale non passiva!

Mi fermo ok, è tanta roba.
Sai cosa sto per dirti vero?
Che gli strumenti giusti ti salvano le giornate, il lavoro, la vita.
Vieni a vedere di cosa sto parlando, clicca qui!

Il mobbing : prevenire grazie alle tecniche di comunicazione

Il tema che ho scelto è un tema forte, il mobbing è una ferita privata e professionale molto difficile da risanare.

Voglio parlarne a fondo, voglio parlarne bene, ma voglio partire dalle soluzioni e proporti un approccio che partendo dalle modalità di comunicazione scava a fondo e arriva al problema.
Le dinamiche del mobbing saranno oggetto di prossimi approfondimenti, qui partiamo dagli strumenti, da quello che serve per tentare di risolvere il problema e ti assicuro che mai come in un caso simile il fattore determinante è l’efficacia.

Si tratta di un disagio così invasivo che è davvero imprudente farsi trovare impreparati.

Nelle sessioni di coaching in cui mi viene sottoposto il problema, le modalità di intervento sono specifiche a seconda dei casi, ma proprio perché ne vedo davvero tante, voglio fornirti gli strumenti per prevenire in primo luogo, ma all’occorrenza affrontare, situazioni di mobbing.

La prima risorsa che devi conoscere per capire a fondo chi si relaziona con te nel tuo ambiente professionale, ma vale per tutti gli ambienti, riguarda lo stile relazionale di una persona. Conoscere le caratteristiche specifiche degli stili relazionali vuol dire essere in grado di proteggersi e soprattutto di applicare lo stile più efficace per affrontare quello degli altri.

Partiamo dalla conoscenza tecnica degli stili di comunicazione e impariamo a riconoscere quello che abbiamo davanti:
Quando si parla di comunicazione interpersonale è molto importante soffermarsi sulle modalità di approccio che ognuno di noi mette in atto quando si interfaccia con gli altri, possiamo infatti individuare degli stili relazionali a cui ogni persona tende pur non rientrando esclusivamente solo in uno di essi.

Abbiamo 3 principali stili relazionali:

∙ Lo stile Passivo
∙ Lo stile Aggressivo
∙ Lo stile Assertivo

Nessuno si riconosce unicamente in uno stile, ci possono essere delle tendenze verso uno stile piuttosto che un altro, una predominanza di uno stile, ma non è possibile che i comportamenti di un individuo non oltrepassino i confini di uno degli stili.
Sai cosa significa assertività?

Partiamo dalla definizione: l’assertività è un comportamento relazionale finalizzato al raggiungimento di obiettivi prefissati, senza creare sentimenti di conflittualità. L’assertività è la capacità di esprimere idee, sentimenti, bisogni propri, di affermare i propri diritti tenendo conto dei diritti altrui.
Nell’analisi degli stili che leggerai è importante che il tuo approccio sia libero dal sentimento del giudizio, e che la lettura di questi profili rappresenti un’analisi tecnica finalizzata al costante e continuo miglioramento.

Non è raro che le vittime di mobbing abbiano uno stile relazionale passivo e che abbiano la tendenza a subire forme di comunicazione molto aggressive perché incapaci di applicare assertività.

Potrebbe sembrare facile operare una netta distinzione tra vittima e carnefice, attribuendo rispettivamente uno stile passivo e aggressivo e può capitare che sia realmente così, peccato però che la complessità del fenomeno non permetta affatto di semplificare così tanto le cose, perché può accadere ad esempio che un aggressivo resti vittima delle sue stesse modalità di comunicazione perché ha uno stile relazionale poco gradito al suo superiore che magari ne applica uno passivo.

Lo stile, il ruolo, il contesto: sono tutti elementi che esercitano un’influenza fortissima sulle dinamiche di mobbing e sulla comprensione degli stili relazionali.

La questione è lunga e ti anticipo che nel prossimo post ti faccio l’identikit della possibile vittima…o di un carnefice atipico: lo stile passivo.

Ora però non rimanere con le mani in mano, vieni a esplorare tutto quello che devi sapere sulla Comunicazione se vuoi avere soluzioni tra le mani e non problemi tra i piedi!

 

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