Articoli

matteo_maserati_problem_solving

Focus sul piano d’azione: dal problem solving all’obiettivo

Torniamo ciclicamente a parlare di piano d’azione perché si tratta di uno strumento molto utile da rinnovare ogni qualvolta cambiano i nostri obiettivi o ce ne poniamo di nuovi.
 
Il mercato è molto dinamico e mutevole, la vita in generale ci richiede una continua flessibilità, questo ci pone nella condizione di dover spesso ritoccare il nostro piano d’azione.
 
 

Dal problem solving al piano d’azione

Quando si parla di piano d’azione non si può prescindere da una competenza molto importante: il problem solving. Questo deriva semplicemente dal fatto che non esiste progetto che non presenti ostacoli o difficoltà da superare.
Il problem solving, in quest’ottica si pone come strumento necessario per garantire poi i successivi step del piano d’azione. Come si applica il problem solving? 
Come anticipato, si tratta di una vera e propria competenza da acquisire, con un percorso mirato e dettagliato.
 
Possiamo intanto anticipare qualche elemento affinché tu possa farti un’idea della sua applicazione.
Ecco gli step fondamentali.
  • Individua il problema. Una delle principali azioni da compiere quando si parla di problem solving è proprio chiedersi dove sia il problema. Se il problema non è così visibile, allora bisogna andare a cercarlo, ovvero bisogna chiedersi quali difficoltà possano intervenire durante la preparazione di un piano d’azione, bisogna fare una vera e propria mappatura dei possibili ostacoli;

 

  • Analizza il problema. Individuati gli ostacoli e i problemi, si passa agli step fondamentali per dirigersi verso la soluzione, ovvero l’analisi di tutte le componenti di quel problema e delle possibili conseguenze a breve, medio e lungo termine;

 

  • Elabora idee e soluzioni. L’analisi è uno step fondamentale perché scandagliando il problema si gettano le prime basi per nuove possibili idee e soluzioni.
 
Solo a questo punto, non prima, è possibile lavorare davvero a un piano d’azione partendo dunque da: la mappatura dei problemi, le azioni di problem solving da attivare per risolvere, le nuove idee da sviluppare per arrivare a una soluzione.
 
Nel piano d’azione è contenuto ogni step di questo processo, dalle fasi preliminari ai comportamenti da mettere in atto per svilupparlo e realizzarlo.
 
Un piano d’azione rappresenta una soluzione molto efficace quando si ha un obiettivo di progetto, perché ci consente di rivisitare gli step, cambiarli, rivalutarli alla luce di nuovi elementi non emersi in precedenza.
 
La metodicità del piano d’azione ci preserva dall’approssimazione e dall’errore conducendoci verso il successo del nostro progetto
 
Questi elementi sono fondamentali in azienda come nelle singole attività quotidiane, sono supportati da processi comunicativi applicati a sistemi organizzativi diversi a seconda del livello di complessità.
Un piano d’azione è funzionale a un obiettivo, quest’ultimo è indispensabile per  il successo di qualunque progetto si voglia portare a compimento.
Come si impara a lavorare sui propri obiettivi e a impostare un piano d’azione?
Nell’unico modo possibile: acquisendo strumenti e competenze.
Io posso aiutarti.
Cosa devi fare?
Contattami 👇
info@matteomaserati.it
motivazione_collaboratori

Come intercettare un calo di motivazione nel lavoro? Conosci le leve dei tuoi collaboratori!

Un calo della motivazione è quanto di più naturale e prevedibile possa accadere, sia in ambito personale che professionale, quello che è meno prevedibile, nostro malgrado, è l’effetto che può sortire, soprattutto se non ci si accorge per tempo di quello che sta accadendo.
Gli automatismi di molte attività, la routine delle giornate, spesso ci portano ad alienarci da chi ci sta intorno al punto da non accorgerci se è cambiato qualcosa nelle persone con cui lavoriamo.
I collaboratori possono essere colleghi, dipendenti, soci, o anche fornitori, diciamo pure che questo discorso è estendibile a tutti coloro con i quali hai rapporti di lavoro. 🧐
Le conseguenze di una perdita di motivazione possono essere rilevanti e soprattutto ricadere su tutto il gruppo di lavoro a prescindere da come è strutturato.
Perdita di focus, stanchezza, mancanza di creatività, difficoltà nell’applicare il problem solving: tutti segnali che spesso, se mescolati ad altre cose, possono passare inosservati per un periodo pericolosamente lungo.
Conoscere quanto meno i tuoi più stretti collaboratori è estremamente utile proprio per intervenire a seguito di un calo di motivazione.
Ogni persona è spinta da desideri diversi, c’è chi è motivato dalla diversificazione del lavoro e nel fare sempre le stesse cose si perde, c’è chi non riesce a a motivarsi in autonomia e ha costantemente bisogno del riconoscimento di altri per recuperare energie e dare il meglio di sé💪
Alcuni traggono motivazione dalla propria sfera di competenza, investendo sulle proprie capacità e imparando dagli errori, altri sono spinti all’azione da un desiderio di miglioramento di status che spesso si traduce in un avanzamento di carriera, il che potrebbe implicare che in assenza di questa opportunità ci sia una dispersione di motivazione.
Per altri le radici della motivazione sono ancora più profonde, perché vogliono trarre dal lavoro un senso di valore personale quindi cercano sempre di dare un contributo anche quando non è strettamente necessario! Quando non riescono il sentimento di frustrazione agisce sulla loro concentrazione e voglia di investire ancora le proprie risorse.
Esistono poi professionisti che non riescono realmente a dare il meglio di sé se non vengono costantemente messi alla prova, sfidati: traggono motivazione dagli ostacoli da superare per raggiungere gli obiettivi.🧱
Insomma la casistica è molto differenziata, quello che è importante e non perdere mai di vista il fatto che lavori con delle persone e che ognuna di loro ha una leva motivazionale riconducibile a qualcosa di personale, legato alle proprie attitudini e preferenze, al proprio bagaglio e ai propri timori.
Conoscere i propri collaboratori non è la chiacchierata in pausa pranzo, quanto piuttosto il desiderio di creare degli spazi, dei momenti, dedicati alla crescita del team in cui far emergere questi aspetti e discuterne.
No, non si improvvisa.
Non sai come fare?
Parliamone!

Scrivimi: info@matteomaserati.it

Intanto puoi dare un’occhiata qui!

Come diventare un problem solver in 5 step!

Se è vero che il Problem Solving è stata una competenza a lungo sottovalutata è altrettanto vero che negli ultimi anni sta emergendo sempre di più la sua importanza e dunque l’urgenza che venga percepita come una competenza da sviluppare e non come un talento naturale da mettere in atto nei
momenti di difficoltà.
Nella parola solving sono infatti racchiuse competenze che richiamano sicuramente il concetto di urgenza, tempistiche non sempre sufficienti, ma questo non può certamente sconfinare nell’approssimazione o nei poteri per l’appunto di un talento.
Per comprendere al meglio il problem solving e analizzarlo come strumento nella complessità della sua struttura ho preso spunto da un approfondimento di Eddie Kennedy che suddivide il Problem Solving in 5 step partendo dal presupposto che i punti di partenza su cui impostare il lavoro siano: il perché, il come e il che cosa, in relazione al problema.

Voglio ora ripercorrere i 5 step e condividere con te questa analisi.
Step 1: capire il motivo per cui dovrei occuparmi di un determinato problema. Inizia dunque così: prova a scandagliare la questione in cui devi imbatterti e che interessa anche i tuoi interlocutori. Racconta i dettagli, chiari, numerabili: se devi raccontare una perdita di denaro, o una spesa, non definirla scarsa o tanta, ma parla di numeri, percentuali, risultati. In questa fase non c’è spazio per le soluzioni, qui si analizza il problema senza azzardare previsioni o anticipazioni.

Step 2: isola l’obiettivo. Individua qual è, quali sono le sue caratteristiche, dove vuoi che sia collocato. L’obiettivo deve al momento puntare a un risultato e non alla soluzione finale, deve essere misurabile e ben identificabile. Passiamo all’esempio: “migliorare il sistema di sorveglianza” è un obiettivo non quantificabile. “Aumentare il personale di sorveglianza di 1 risorsa, incrementare l’illuminazione coprendo anche la zona B” è un obiettivo misurabile.

Step 3: come posso risolvere il problema. Qui è necessario lavorare sulla ricerca delle soluzioni. Si inizia analizzando il problema e i suoi dintorni, si cerca di capire se ci sono dei precedenti a cui fare riferimento e le cui soluzioni possano essere adattate, o d’ispirazione, al nuovo problema.
Importante: se usi lo strumento del brainstorming per fare questa analisi è importante che ci sia un moderatore e che vengano gestiti i tempi e le modalità di esecuzione. Invita i tuoi interlocutori a pensare ed esprimersi liberamente, senza limitazioni. Quando avrai individuato delle possibili soluzioni ti consiglio di inserirle in un diagramma ad albero, questo è utile per organizzare i tuoi obiettivi e la strategia per raggiungerli. Quando avrai scritto ogni singolo obiettivo dal centro partiranno ramificazioni sulle quali potrai scrivere come conseguirlo.

Step 4: siamo nella fase della risoluzione. Qual è tra quelle contemplate la soluzione al problema? In questa fase può aiutare la rappresentazione attraverso un grafico, in cui compaiono sull’asse verticale la voce “impatto” e sull’asse orizzontale la voce “impegno”, da qui puoi iniziare l’elenco di tutte le potenziali soluzioni.

Con tutta probabilità, il tuo lavoro si concentrerà principalmente sulle soluzioni ad alto impatto e impegno elevato. Le soluzioni che hanno un impatto elevato e richiedono poco sforzo sono classificate come risultati rapidi e sono ottime per nutrire la fiducia delle parti interessate. Le soluzioni a basso impatto e scarso impegno devono avere priorità inferiore ed essere prese in considerazione solo quando avanza tempo. Quelle a basso impatto e impegno elevato probabilmente non valgono la pena di essere tentate.”

Step 5: è arrivato il momento dell’azione, è necessario dunque preparare un piano di lavoro semplice per risolvere il problema in questione. Gli strumenti qui possono essere molteplici e dunque a discrezione dell’esecutore. Importante: andare dritto al focus senza disperdere le energie e le risorse a disposizione in dettagli inutili. L’attività messa in atto va monitorata attraverso un apposito strumento che può essere dal più sofisticato a un semplice foglio di lavoro che consenta quanto meno di suddividere le attività e gestire le tempistiche.
Domanda:come posso passare all’azione?
Prepara un piano semplice per risolvere il problema, evitando dettagli inutili. Puoi utilizzare uno strumento per monitorare le azioni, che può essere un foglio di lavoro in cui suddividere le attività in base a chi le deve svolgere e alla tempistica. In questa fase è fondamentale inoltre definire le responsabilità e le scadenze. Fondamentale anche la capacità di condivisione con un eventuale gruppo, sia dello strumento di monitoraggio che delle singole azioni da riesaminare periodicamente, e la responsabilità delle scadenze.

Bene allora ti invito a seguire questa piccola procedura per allenare le tue abilità di problem solver e farle emancipare in competenze.

Occhio alle soluzioni affrettate, sono quasi sempre destinate al fallimento.
Applica questo format e sarà più facile impostare la struttura del Problem Solving.