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Il cambiamento non è un passaggio, ma un processo.
Negli ultimi mesi, come era giusto che fosse, il covid è stato il protagonista indiscusso di diversi approfondimenti in questo blog.
Indubbiamente l’emergenza sanitaria mi ha dato l’opportunità di osservare in modo diretto e concreto molti aspetti comunicativi, dai media alle istituzioni, dagli sfoghi dei cittadini agli haters ingestibili, dai discorsi dei sovrani e capi di Stato agli appelli dei vip. Insomma, materiale non è mancato.
Una delle riflessioni più interessanti che tutta questa situazione ha generato riguarda sicuramente la gestione del cambiamento e chi si occupa di Comunicazione ad Alto Impatto non può sottovalutare nemmeno il più banale elemento di certi fenomeni sociali e culturali.
Nel post di 2 edizioni fa (leggi qui se lo hai perso) ho iniziato a scandagliare il cambiamento come concetto e come processo per capire le possibile evoluzioni della sua gestione.
Oggi voglio riprendere questo discorso perché reputo che l’epoca storica inaugurata dal Covid abbia generato cambiamenti in ambito professionale, sociale, familiare, istituzionale, mondiale senza precedenti degli ultimi decenni.
Le aziende si sono dematerializzate dando finalmente slancio allo smart working, le scuole ci stanno provando ma in molti casi la strada è lunga, le famiglie hanno conosciuto una nuova forma di organizzazione che ha sconvolto la vita di molti e fatto riscoprire ad altri il piacere di stare insieme.
I capi di stato si sono trovati a dover emanare appositi decreti, ad applicare controlli serrati sugli spostamenti dei cittadini e fronteggiare una crisi economica tanto seria quanto inevitabile.
Le persone hanno imparato l’amarezza della distanza, della solitudine e del divieto, hanno imparato a organizzarsi in funzione dello stretto necessario e chissà che non sia l’occasione per imparare a evitare gli sprechi e il superfluo.
Molti professionisti si sono dovuti velocemente reinventare scoprendo nuovi modi di offrire i propri servizi e nuovi strumenti per implementarli.
Questo un quadro generale senza entrare nello specifico delle situazioni più estreme, come alcuni ceppi di popolazione dell’Amazzonia che rischiano l’estinzione a causa della mancanza di acqua e di medici.
Insomma, senza ombra di dubbio se dovessimo individuare un must di questo periodo storico, il cambiamento avrebbe un ruolo di rilievo.
C’è sempre cambiamento, potrebbe contestare qualcuno, ed è vero.
Vero anche però che le generazioni viventi, almeno nel nostro paese, raramente si sono trovate di fronte a una mole così consistente di cambiamenti.
Quindi vale sicuramente la pena indagare e capire il cambiamento come processo, nella sua natura e struttura.
Per comprendere appieno il cambiamento occorre soffermarsi sulle 3 domande che inaugureranno il post successivo:
Dove stiamo andando: è sempre possibile avere una vision chiara senza pericolo di ambiguità? Non sempre, no.
Cosa saremo quando alcuni elementi saranno cambiati?
Come faremo a capire che abbiamo realizzato il cambiamento?
Cosa deve accadere affinchè possiamo realizzare comunque i nostri obiettivi nel cambiamento?
Quali passi, interventi, conseguenze ci saranno per raggiungere lo scopo?
E soprattutto quali risorse e risultati entreranno in campo?
Questi gli elementi che andremo ad esplorare, appuntamento al prossimo post!
Stay tuned