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Il futuro del lavoro: scopri quali valori coltivare
I valori di un ambiente di lavoro ibrido e inclusivo
Relazioni interpersonali e soft skill: costruire la relazione organizzativa.
Mentre la relazione organizzativa si concentra sulle persone relativamente al contesto aziendale di riferimento, la relazione interpersonale vede ogni interlocutore in primo luogo come una persona.
Per far sì che all’interno di un team si sviluppino relazioni proficue – per le persone e per il progetto – è necessario programmare degli interventi formativi incentrati sulla Comunicazione.
Ogni persona parte da una base diversa, è importante dunque che in base ai propri requisiti iniziali sviluppi o affini delle nuove competenze. In questo caso non parliamo di competenze tecniche o di settore, ma di quelle competenze comunemente definite soft skill, particolarmente utili nella gestione degli aspetti relazionali del lavoro, che hanno un forte impatto sui risultati finali.
Quali sono le soft skill su cui impostare dei percorsi formativi per le relazioni di progetto?
Focus sulle più importanti:
- la capacità di distinguere i fatti dalle opinioni. Qui tocchiamo un tema fondamentale perché verte sulla capacità di tenere le emozioni lontane dalla valutazione dei fatti. Le opinioni personali non devono prevalere sull’oggettività degli eventi;
- la capacità di guardare oltre nelle persone e non fermarsi ai loro ruoli, ma indagare, ad esempio le loro aspettative, i loro timori, relativamente al progetto in essere. Il dialogo, la capacità di osservare i loro comportamenti e ascoltare le loro esigenze sono gli strumenti chiave per aprire un canale di comunicazione con loro; Il dialogo, la capacità di osservare i loro comportamenti e ascoltare le loro esigenze sono gli strumenti chiave per aprire un canale di comunicazione con loro;
- la capacità di prendere le distanze dalle proprie credenze uscendo dal perimetro degli schemi di ragionamento abituali. Quando ci si relaziona con gli altri è fondamentale saper ragionare con altri parametri, facendo uno sforzo di superamento dei nostri abituali modi di affrontare le cose, che non possono non essere efficaci con tutti e in tutti i casi;
- la capacità di ascoltare in modo empatico, manifestando con il linguaggio del corpo segnali di accoglienza, di assenso, di comprensione;
- la capacità di dare un feedback sincero e costruttivo. Restituire un feedback innesca un circolo virtuoso di miglioramento e costruzione della relazione e del progetto.
- la ricerca di un equilibrio tra formalità e informalità nella relazione con tutte le persone coinvolte. Professionalità, serietà, ok. Ma anche e soprattutto rapporti tra persone!
Al lavoro!
Non c’è un solo minuto da perdere.
Cosa devi fare?
Ovvio …
Parlare in pubblico ti terrorizza? Conosci le tue paure per superarle.
Coronavirus e smartworking: il segreto nella comunicazione e nella pianificazione
In situazioni come questa c’è poco da lagnarsi, bisogna rimboccarsi le maniche e far quel che si deve.
Abbiamo già trattato il coronavirus da un punto di vista della comunicazione (leggi qui se hai perso il post), oggi voglio parlarti di una delle misure messe in atto in questo momento nel mondo del lavoro in alcuni settori: lo smart working.
Chi svolge una professione che si presti allo smart working è davvero fortunato, perché può attenersi alle regole di isolamento a cui siamo invitati ad aderire per contenere la diffusione del virus.
Oggi voglio riflettere insieme a te su 3 aspetti in particolare:
– La pianificazione del lavoro
– L’utilizzo dei mezzi di comunicazione
– La ricezione delle informazioni in merito alla situazione in atto
La pianificazione è un aspetto su cui insisto molto e spesso, perché ritengo che sia un aspetto fondamentale del lavoro nonché della vita in generale. La situazione in corso è esplosa all’improvviso, pertanto non tutti erano preparati a lavorare da casa. Banalmente alcuni non hanno proprio una postazione. Quindi direi che per essere produttivi in questo periodo è necessario intanto crearsi un’area di lavoro, seppur piccola, in casa, ed evitare spazi di coworking, altrimenti varrebbe la pena andare in ufficio.
Se non si è abituati allo smart working urge più che mai una pianificazione delle attività, con monitoraggio del timing e l’evitamento, come la peste, delle distrazioni. Solitamente mi occupo di pianificazioni sul medio lungo termine, ma in questo caso, data la natura degli eventi, lavoreremo sul breve termine. Ti consiglio di essere fresco come se fossi al lavoro: vestirsi, evitare di smangiucchiare tutto il giorno e di guardare le serie su Netflix dal pc privato in orario di lavoro. Uno dei pochi aspetti positivi di questo periodo assurdo è dimostrare l’efficacia dello smart working come metodologia e approccio efficace, economico, ergonomico: le aziende risparmiano costi, i lavoratori possono gestire meglio il proprio tempo soprattutto nelle città in cui raggiungere il posto di lavoro richiede da 1 a 2 ore.
L’utilizzo dei mezzi di comunicazione è un aspetto, anche qui metodologico, fondamentale. Per ovvi motivi aumenterà la necessità di comunicare a distanza, pertanto ti invito a:
– Utilizzare la mail per le comunicazione di lavoro ed evitare scambi su whatsapp nelle chat tra colleghi dove pullula il disordine ed è difficile recuperare poi le informazioni che vi siete scambiati.
– Evitare di ammorbare il prossimo con audio infiniti pur di avere un contatto con il mondo. Ti manca qualcuno? Chiamalo? Vuoi sapere come sta? Chiamalo!
– Utilizza i software di management per il lavoro in team. Ce ne sono molti, basta scegliere quello più adatto alle proprie necessità.
La ricezione delle informazioni: questo è il tema che maggiormente mi preoccupa. Imperativo categorico: tenersi alla larga da guru, complottisti, faciloni, agitatori delle folle. Ci sono delle comunicazioni ufficiali, governative, regionali. Attenersi a quelle. Rivolgersi a fonti improvvisate serve solo a farci perdere il senso di quello che sta accadendo facendoci deragliare verso una direzione sbagliata. Quindi occhio ai numeri, alle direttive e soprattutto ai numeri positivi delle cose che funzionano, perché questo sarà l’unico modo per uscirne.
Tieni botta che ce la faremo.
Tutti i miei consigli, le mie indicazioni, tutto quello che ti può aiutare lo trovi qui!
Prudenza e senso di responsabilità: solo così possiamo ricominciare, noi vorremmo farlo dai nostri corsi a partire proprio da aprile.
Non ne sai nulla?
Coooooosa?
Corri a leggere qui!
Il veglione…di settembre!
C’è chi sostiene che l’inizio dell’anno debba essere festeggiato a settembre…considerando tutto quello che ognuno di noi è chiamato a muovere dopo la fine dell’estate, direi che quest’affermazione davvero non fa una piega.
Si ricomincia: questa è la parola d’ordine.
Cosa, come, dove, quando è poi nell’esperienza di ciascuno, ma quello che davvero accomuna tutti è la necessità di alzare il culo (ops) dalle sdraio e immergersi in una nuova stagione tutta da costruire.
Da anni sostengo la motivazione come valore alla base di molte azioni, fondamentale per intraprendere percorsi e attività.
Tutti i miei percorsi per te sono pronti, ho tutto quello che ti serve per le tue performance in pubblico: strumenti, strategie, tips, conoscenze per una corretta lettura dei contesti e dei tuoi interlocutori.
Hai tutto a disposizione per far decollare le tue performance comunicative: niente più titubanze, intoppi, perdite di tempo e soprattutto niente più buchi nell’acqua: è arrivato il momento del successo!
La domanda che ti faccio è semplice: tu sei pronto?
Essere pronti non si traduce nel volerlo e basta, è un processo strutturato anche questo, quindi il mio primo intervento per te dopo l’estate comincia adesso dandoti gli strumenti per prepararti all’apprendimento e alla messa in pratica delle competenze che ti consentiranno di arrivare spedito ai tuoi obiettivi.
Devi, e dico devi:
· avere assoluta consapevolezza di voler diventare speaker eccellente e di avere le abilità per poterlo essere concretamente;
· maturare la convinzione che l’abilità di parlare in pubblico non è qualcosa di irraggiungibile o metafisico, ma una competenza che si può acquisire raggiungendo un’adeguata preparazione seguendo regole e passaggi ben definiti;
· pensare in termini positivi il tuo obiettivo, visualizzando il momento in cui esporrai un discorso in pubblico come un momento positivo, immaginando di avere successo come abile oratore nella professione e nel privato;
· dedicarti all’esercizio: l’abilità comunicativa va allenata, seguendo percorsi precisi di studio e di applicazioni pratiche per affinare le capacità e avvicinarci all’eccellenza;
· sfruttare tutte le occasioni per fare pratica in materia di Public Speaking, sia buttandoti in situazioni che lo richiedono, mettendo alla prova la tua abilità, sia osservando gli altri e catturando spunti utili.
Non finisce qui, per il momento ti faccio fare un giro panoramico di quello che ti aspetta, clicca qui!
Benvenuto in questo settembre ricco di opportunità!
Instagram sovverte le regole della persuasione
Ma allora le teorie elaborate da Robert Cialdini ne “Le armi della Persuasione” come si collocano in questo imminente (non ancora speriementato da tutti gli account a seconda degli aggiornamenti) stravolgimento di Instagram?
Alt! Procediamo con calma. Partiamo dall’antefatto, escludiamo facili deduzioni e poi vengo al dunque!
Da qualche giorno gli utenti di Instagram si sono accorti che i likes alle proprie foto non sono visibili agli altri frequentatori della piattaforma ma solo a se stessi.
Inizialmente in molti hanno creduto che si trattasse di un problema tecnico, per poi apprendere che si tratta di una specifica scelta con tanto di motivazione a carico.
Sembra infatti che il social network popolato dalle foto e dagli hashtag degli utenti di tutto il mondo abbia deciso di concentrarsi sulla qualità dei contenuti, o meglio, sull’intento da parte degli utenti di condividere contenuti di valore senza essere offuscati dall’ebbrezza del desiderio di ottenere più like.
Caos totale tra i cacciatori di like ai quali al momento viene meno la certezza del metro di misurazione per eccellenza: il consenso, o meno, dei follower della propria pagina.
La prima domanda che ci si è posti è stata: e gli influencer?
Come si fa da adesso in poi a capire se sono fighi?
Il metro di valutazione, nonché di misurazione, diventa dunque invisibile?
Eh no, il punto è proprio questo: l’utente sa quanti like ha ricevuto, sono gli altri utenti a non saperlo.
Come si traduce questo processo sul piano della Comunicazione?
Cosa accade a livello tecnico?
A risultare alterato non è tanto l’assetto tecnico della comunicazione quanto piuttosto le ripercussioni sociali che derivano da questo cambiamento.
Partiamo da un elemento strutturale: il Feedback degli utenti. C’è sempre, ma non è più condivisibile nella misura in cui non è più visibile: questo incide profondamente su quello che Robert Cialdini definisce “Il principio della riprova sociale”.
Quali sono le conseguenze di questa rivoluzione per niente silenziosa (nulla fa più rumore di ciò che scompare)?
Volendo analizzare il processo prendendo in esame il ruolo giocato dal feedback, la mia analisi può tranquillamente limitarsi a 4 punti:
- Il feedback si libera del condizionamento degli altri: il like espresso, pubblicato, è un fatto privato. Rientra in un conversazione tra chi posta e chi apprezza.
- Il feedback è il risultato di un’analisi più attenta e veritiera dei contenuti: quel post non ti piace perché piace a chi reputi figo, quel post ti piace e basta.
- Il feedback non è più un elemento di appartenenza: non metti il like perché la tua community ideale o desiderata lo fa e dunque tu ne sei parte attraverso una condivisione di idee.
- Il feedback amplifica la responsabilità del singolo utente: non ci sono altri like ad avallare il tuo, sei tu che scegli di essere da una parte dove forse approderanno altri tuoi simili o dove forse sarai solo senza che tu lo sappia.
Veniamo al dunque quindi: quale aspetto colpisce maggiormente gli influencer, e in generale i leoni da tastiera e da scatto fotografico, del social network?
Torniamo a Cialdini: nel suo libro “Le armi della persuasione” analizza le 7 armi della Persuasione una delle quali è proprio la riprova sociale secondo cui l’individuo tende a fare quello che maggiormente è approvato, condiviso, applicato dalla comunità a cui apparteniamo.
Hai mai notato che in un ambiente molto pulito nessuno si sognerebbe mai di buttare una briciola a terra? Questo è un esempio basilare del principio.
Finora la massa di like trascinava con sè quasi in automatico il consenso di altri, senza eccessivi momenti di analisi o riflessione. Adesso non è visibile la direzione della corrente, pertanto si naviga secondo la propria personale analisi, secondo i propri parametri e gusti.
Questa rivoluzione del like dunque rappresenta davvero un ostacolo per gli influencer?
Io non ne sarei così sicuro!
Vuoi capire meglio di cosa sto parlando?
Fai un salto qui!
Appuntamento con i discorsi nella storia…recente: il discorso di Emma Watson alle Nazioni Unite.
Appuntamento con i discorsi nella storia…recente: il discorso di Emma Watson alle Nazioni Unite.
Il 21 settembre del 2014 una giovanissima donna, l’attrice Emma Watson, ha tenuto un discorso sui diritti delle donne a New York, in qualità di nuova ambasciatrice del settore UN Women delle Nazioni Unite. Nota anche per la sua campagna He for She, ha posto l’attenzione su un tema su cui si dibatte da decenni, ma nei confronti del quale i modelli e le strutture sociali ancora manifestano una forte resistenza: l’uguaglianza di genere.
Come mio solito, mi soffermo sugli aspetti tecnici del discorso per lavorare sulla costruzione di un messaggio efficace a sostegno del contenuto che si intende sviluppare e del messaggio che si vuole veicolare.
Ecco il testo del passaggio che credo sia utile analizzare:
La struttura è particolarmente interessante perché è come se fosse suddivisa in blocchi autosufficienti che seguono il loro iter – incipit, sviluppo, atterraggio – .
«Più ho parlato di femminismo e più mi sono resa conto che troppo spesso battersi per i diritti delle donne era diventato sinonimo di odiare gli uomini. Se c’è una cosa che so con certezza è che questo deve finire. Per la cronaca, il femminismo per definizione è la convinzione che uomini e donne debbano avere pari diritti e opportunità: è la teoria dell’uguaglianza tra i sessi – politica, economica e sociale»
In questo primo blocco, Emma Watson arriva subito al dunque: illustra immediatamente il limite con il quale si è scontrata. Il ritmo è già forte, non ci sono elementi di contorno: l’essenziale basta per tenere alta l’attenzione.
«Quando avevo 8 anni, ero confusa dal fatto che mi definissero una prepotente perché volevo dirigere la recita per i nostri genitori: ma ai maschi non succedeva. Quando avevo 14 anni ho cominciato a essere trattata come un oggetto sessuale da alcuni media. Quando avevo 15 anni le mie amiche hanno cominciato a lasciare le squadre degli sport che amavano perché non volevano diventare muscolose. Quando avevo 18 anni i miei amici non erano capaci di esprimere i loro sentimenti.”
Secondo blocco: come si è arrivati fin qui, cosa c’è dietro, quale è il filo da risalire per capire cosa ha ispirato le sue idee e la sua posizione.
“Ho deciso di diventare femminista e la cosa non mi sembrava complicata. Ma le mie ricerche più recenti mi hanno fatto scoprire che “femminismo” è diventata una parola impopolare. Le donne si rifiutano di identificarsi come femministe. A quanto pare sono considerata una di quelle donne le cui parole sono percepite come troppo forti, troppo aggressive contro gli uomini, persino non attraenti. Perché questa parola è diventata così scomoda?»
Quest’ultimo blocco rispecchia molto bene le caratteristiche della fase di chiusura perché ne contiene due degli elementi fondamentali: la conclusione delle sue riflessioni e la domanda verso l’esterno, l‘invito ad accogliere il suo pensiero e porsi delle domande per riflettere.
Il nostro appuntamento mensile con i discorsi della storia si conclude qui, per approfondire la struttura del discorso non dimenticare di fare un salto qui!
I discorsi che hanno fatto la storia: Malcom X, “La scheda o il fucile”.
Il discorso in questione è intitolato “La Scheda o il Fucile”.
Non è un inno alla violenza, non è uno slogan, non è una questione ideologica: quello di cui si parla nel mio blog è tecnica.
Tecnica, strategia e struttura della Comunicazione.
Siamo nel 1964 nella Cory Methodist Church di Cleveland, punto di riferimento e di aggregazione della comunità afro-americane, nella quale venne organizzata una tavola rotonda dedicata alla cosiddetta “rivolta negra”.
Tra i relatori quello che più si distinse fu Malcom X.
Si tratta di un discorso piuttosto lungo, per questo ho individuato 3 passaggi fondamentali da analizzare insieme:
Sono ancora musulmano, l’Islam è ancora la mia religione. Questa è la mia fede personale. Così come Adam Clayton Powell è un pastore cristiano che dirige la Abyssinian Baptist Church di New York, ma al tempo stesso partecipa alla lotta politica per la conquista dei diritti dei neri in questo paese, allo stesso modo in cui il dottor Martin Luther King fa il pastore cristiano ad Atlanta nella Georgia e al tempo stesso è alla testa di un’altra organizzazione nera per i diritti civili; cosi come il reverendo Galamison – credo che lo abbiate sentito rammentare – è un altro pastore cristiano di New York che pure si è profondamente impegnato nel boicottaggio scolastico per combattere la segregazione, ebbene, anch’io sono un pastore, non cristiano ma musulmano e credo nell’azione su tutti i fronti con tutti i mezzi necessari.
- Si tratta di una presentazione d’apertura mi dirai giustamente tu. Lo è, ma non è solo questo. Il clima dell’epoca e la causa che emerge in questo passo introduttivo fanno chiaramente capire che presentare se stesso non basta: è necessario un rinforzo, un supporto, degli esempi di altri attivisti – con le loro origini culturali e le cause sostenute – che possano fungere da predecessori per avallare la forza di una simile iniziativa.
Sebbene sia ancora musulmano, non sono venuto qui stasera a parlare della mia religione o a cercare di cambiare le vostre convinzioni in materia. Non sono venuto qui per discutere di ciò che ci divide perché è tempo di cancellare i nostri disaccordi e di renderci conto che abbiamo tutti lo stesso problema, un problema comune, un problema che vi costringerà a vivere in questo inferno sia che siate battisti, metodisti, musulmani, o nazionalisti. Non importa se siete colti o analfabeti, se abitate in zone eleganti o nel ghetto, siete anche voi in questo inferno, proprio come me. Siamo tutti nelle stesse condizioni e tutti dovremo vivere nello stesso inferno che ha organizzato per noi lo stesso uomo. Quell’uomo è il bianco e tutti noi abbiamo sofferto qui, in questo paese, l’oppressione politica, lo sfruttamento economico, la degradazione sociale ad opera dell’uomo bianco.
Il dire queste cose non significa che siamo contro i bianchi come tali, ma contro lo sfruttamento, contro la degradazione e contro l’oppressione.
2) Ci siamo. Il focus è chiaro. Siamo qui per parlare di questo e ne abbiamo il diritto in virtù di quanto preannunciato in apertura. Questo è il messaggio chiaro di Malcom X che a livello tecnico è una diretta conseguenza delle argomentazioni presentate in apertura.
In questo passo riesce a riportare l’attenzione in modo schiacciante sulla questione in essere facendo un’altra operazione impeccabile: chiama in causa i diretti interessati, lascia intravedere ai suoi interlocutori le condizioni inevitabili – “l’inferno”- in cui tutti loro vivranno a prescindere dalla loro condizione sociale. Si tratta di un momento di massimo coinvolgimento perché il focus del problema investe tutti senza esclusione di colpi.
Se non si agisce presto, penso che dovrete convenire sul fatto che saremo costretti a servirci o della scheda o delle pallottole. Nel 1964 sarà la volta dell’una o delle altre. Non è che stia per arrivare il momento: il momento è già arrivato. Il 1964 minaccia di essere l’anno più esplosivo che l’America abbia mai visto. L’anno più esplosivo. Perché? E anche un anno politico, è l’anno in cui tutti i politicanti bianchi torneranno nelle comunità negre a far la corte a voi e a me per farsi dare qualche voto; l’anno in cui tutti gli imbroglioni della politica bianca verranno qui nelle nostre comunità con le loro false promesse, ad alimentare le nostre speranze di pacificazione, con i loro trucchi e i loro inganni, con le false promesse che non hanno nessuna intenzione di mantenere. Con questi metodi essi alimentano l’insoddisfazione che può portare solo a una cosa: l’esplosione. Ora qui in America – mi dispiace, fratello Lomax – ha fatto la sua comparsa il tipo di uomo nero che non tollera più di porgere l’altra guancia.
3) Ecco cosa succederà: due alternative- la scheda o le pallottole. Così Malcom X si avvicina alla chiusura di questo primo atto del suo discorso. Le premesse sono chiare, nel corpo del discorso sono esposte tutte le condizioni su cui gli interlocutori devono riflettere per passare all’azione. Il futuro si intravede già e lo stato di coinvolgimento emotivo non può che essere elevatissimo.
Eccoci alla fine di questo nuovo viaggio nel passato che sempre rappresenta un’occasione preziosa per lavorare sugli aspetti della Comunicazione.
Se vuoi approfondire l’argomento ed essere sempre più competente sui temi della Comunicazione ho un bel po’ di cose di cui parlarti. Clicca qui
La comunicazione volta al consenso: la campagna elettorale
Quale strumento può equiparare la comunicazione in sede di campagna elettorale per l’acquisizione del consenso?
Nessuno.
Lo dice la storia, lo dicono i fatti: la classe politica investe soldi, tempo, risorse, in un piano di comunicazione in grado di garantire quello che serve ai candidati per accomodarsi sulle tanto ambite poltrone.
Cosa deve sollecitare questa comunicazione?
In che modo attraverso specifiche strategie si arriva alle preferenze dei cittadini?
E soprattutto quali sono le emozioni, i ragionamenti, le leve che è necessario andare a smuovere per far sì che una loro reazione si trasformi in consenso?
I valori chiamati in ballo non sono né pochi, né banali: la fiducia, la speranza, la stima, l’identificazione, l’empatia, il senso di protezione.
La classe politica sa che quando il cittadino esprime le sue preferenze in sede di seggi va ad attingere ad almeno uno di questi valori.
Come decidere dunque cosa comunicare e quando?
E soprattutto come si fa ad essere sicuri sul “come”?
La storia un po’ aiuta, ricordiamo il ruolo della radio in tempo di regime tanto per rimanere a casa nostra, pensiamo al contributo che ha dato la stampa per la diffusione delle idee di Martin Lutero, volendo fare un viaggio più lungo nel tempo e in un campo forse persino più complesso di quello politico.
Oggi i mezzi a disposizione hanno una velocità d’impatto mai riscontrata in precedenza nella storia, si può dire tanto, a moltissime persone, in un battibaleno. Il vero problema è l’attendibilità dei contenuti che vengono trasmessi e del modo in cui vengono raccontati.
Entriamo nel merito della comunicazione politica e analizziamo 3 tra i principali canali di diffusione della comunicazione elettorale, il cui potere di influenza si calcola agisca nel tempo in modo “diluito”, pertanto va esercitato con ragionevole anticipo rispetto alla data del voto:
- Stampa e tv. Quotidiani nazionali e reti televisive hanno spesso un proprio orientamento. Nelle trasmissioni di attualità vengono invitate personalità politiche di partiti antagonisti, ognuno dice la sua sfociando talvolta in un gran boato privo di reale confronto. Anche il racconto dei fatti di cronaca viene spesso utilizzato, quando non strumentalizzato, per far leva sul senso di sicurezza e di giustizia dei cittadini e con lo stesso intento spesso si sceglie quali aspetti raccontare e quando.
- Il comizio politico: è la forma di comunicazione più diretta per i candidati, meno dispersiva a livello tematico ma ha un raggio di coinvolgimento più ristretto, perché arriva esclusivamente agli interlocutori interessati.
- I social: è la giungla. Ogni leader politico, o presunto tale, cede alla tentazione di avere un filo diretto con i propri follower come se li considerasse già “seguaci” affiliati, raramente sfruttano i canali per la condivisione di contenuti informativi, piuttosto ci propinano qualche selfie o il racconto di una loro memorabile impresa.
Si presume che i politici si rivolgano ad agenzie di comunicazione in grado di garantire un certo risultato in termini di raggiungimento di persone, il resto lo fanno le idee dei cittadini e le vicende che si verificano in ogni paese. Accanto alla comunicazione istituzionale c’è una mole di informazioni “fuori controllo” diramate spesso dai politici stessi che non resistono alla tentazione di usare i social pensando di poterne controllare le conseguenze. La storia, di ogni giorno, ci insegna che spesso non è così.
Ogni tipologia di comunicazione, non mi stancherò mai di dirlo, è solida solo se lo sono i suoi pilastri e se non balla la terra su cui poggia.
Quanto ne sai al riguardo?
Vuoi capire meglio cosa vuol dire comunicazione efficace?
Vuoi sapere come funziona la comunicazione d’impatto?
Bene, hai già 2 link su cui cliccare!
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