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La comunicazione volta al consenso: la campagna elettorale

Quale strumento può equiparare la comunicazione in sede di campagna elettorale per l’acquisizione del consenso?
Nessuno.

Lo dice la storia, lo dicono i fatti: la classe politica investe soldi, tempo, risorse, in un piano di comunicazione in grado di garantire quello che serve ai candidati per accomodarsi sulle tanto ambite poltrone.

Cosa deve sollecitare questa comunicazione?
In che modo attraverso specifiche strategie si arriva alle preferenze dei cittadini?
E soprattutto quali sono le emozioni, i ragionamenti, le leve che è necessario andare a smuovere per far sì che una loro reazione si trasformi in consenso?

I valori chiamati in ballo non sono né pochi, né banali: la fiducia, la speranza, la stima, l’identificazione, l’empatia, il senso di protezione.

La classe politica sa che quando il cittadino esprime le sue preferenze in sede di seggi va ad attingere ad almeno uno di questi valori.
Come decidere dunque cosa comunicare e quando?
E soprattutto come si fa ad essere sicuri sul “come”?
La storia un po’ aiuta, ricordiamo il ruolo della radio in tempo di regime tanto per rimanere a casa nostra, pensiamo al contributo che ha dato la stampa per la diffusione delle idee di Martin Lutero, volendo fare un viaggio più lungo nel tempo e in un campo forse persino più complesso di quello politico.

Oggi i mezzi a disposizione hanno una velocità d’impatto mai riscontrata in precedenza nella storia, si può dire tanto, a moltissime persone, in un battibaleno. Il vero problema è l’attendibilità dei contenuti che vengono trasmessi e del modo in cui vengono raccontati.

Entriamo nel merito della comunicazione politica e analizziamo 3 tra i principali canali di diffusione della comunicazione elettorale, il cui potere di influenza si calcola agisca nel tempo in modo “diluito”, pertanto va esercitato con ragionevole anticipo rispetto alla data del voto:

  • Stampa e tv. Quotidiani nazionali e reti televisive hanno spesso un proprio orientamento. Nelle trasmissioni di attualità vengono invitate personalità politiche di partiti antagonisti, ognuno dice la sua sfociando talvolta in un gran boato privo di reale confronto. Anche il racconto dei fatti di cronaca viene spesso utilizzato, quando non strumentalizzato, per far leva sul senso di sicurezza e di giustizia dei cittadini e con lo stesso intento spesso si sceglie quali aspetti raccontare e quando.

 

  • Il comizio politico: è la forma di comunicazione più diretta per i candidati, meno dispersiva a livello tematico ma ha un raggio di coinvolgimento più ristretto, perché arriva esclusivamente agli interlocutori interessati.

 

  • I social: è la giungla. Ogni leader politico, o presunto tale, cede alla tentazione di avere un filo diretto con i propri follower come se li considerasse già “seguaci” affiliati, raramente sfruttano i canali per la condivisione di contenuti informativi, piuttosto ci propinano qualche selfie o il racconto di una loro memorabile impresa.

Si presume che i politici si rivolgano ad agenzie di comunicazione in grado di garantire un certo risultato in termini di raggiungimento di persone, il resto lo fanno le idee dei cittadini e le vicende che si verificano in ogni paese. Accanto alla comunicazione istituzionale c’è una mole di informazioni “fuori controllo” diramate spesso dai politici stessi che non resistono alla tentazione di usare i social pensando di poterne controllare le conseguenze. La storia, di ogni giorno, ci insegna che spesso non è così.

Ogni tipologia di comunicazione, non mi stancherò mai di dirlo, è solida solo se lo sono i suoi pilastri e se non balla la terra su cui poggia.

Quanto ne sai al riguardo?
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