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Comunicazione in azienda: il ruolo del feedback.

Uno degli argomenti più sentiti nel vasto universo della Comunicazione aziendale è il feedback.
 
Ti chiederai perché è un argomento così discusso e a cui si fa continuamente riferimento. 
Ti rispondo io: perché è uno degli strumenti di comunicazione interpersonale più impattanti, soprattutto in contesti professionali. 
 
Sul feedback si potrebbero scrivere fiumi di parole, quello che però salta velocemente all’occhio è che, pur essendoci una consapevolezza diffusa dell’importanza del feedback, tuttavia il suo utilizzo viene spesso tralasciato e dunque sottovalutato.
 
Il feedback avvia un processo comunicativo per cui un interlocutore restituisce delle informazioni a un altro soggetto, o di sua iniziativa o dietro specifica richiesta.

Feedback: ostacoli e titubanze

Uno dei principali ostacoli all’utilizzo del feedback è la titubanza emotiva che si prova sia nel chiederlo sia nel restituirlo.
Può essere difficile per alcune persone, o in specifici contesti, andare da un collega o da un responsabile e chiedere “mi diresti cosa posso migliorare in questa prestazione?”.
 
Allo stesso modo anche restituire un feedback può essere complicato, specie se non richiesto 
Il feedback è efficace sì, ma il suo utilizzo non deve sfuggire di mano, nella misura in cui deve essere gestito con tecnicità e competenza.🧐

Gli aspetti tecnici del feedback

Ti aiuterò ora nell’individuare alcuni elementi tecnici del feedback, alcuni aspetti che ne rendono efficaci le funzioni.
  • Il feedback deve riguardare azioni e comportamenti, non la persona che lo riceve. Quando si restituisce un feedback, il suo contenuto deve essere funzionale al raggiungimento di obiettivi comuni, non al giudizio;
  • Il feedback deve essere dettagliato. Quali azioni, in quale momento? Perché? Quanto più sarà concreto e misurabile tanto più potrà essere utile per lavorare sul margine di miglioramento;
  • Il feedback deve essere un processo a due vie in azienda, si dà con professionalità e precisione e si chiede con consapevolezza e fiducia;
  • Porre attenzione – e dunque chiedere anche – feedback positivi. Il feedback non è solo un strumento di rilevazione dell’errore, ma anche un possibile elemento per un modello di buona pratica.
Il feedback è uno degli aspetti più incisivi della comunicazione in azienda.
Come usi o gestisci i feedback?
Come impattano sulla tua Comunicazione?
Sai cosa devi fare se vuoi approfondire questo e molti altri argomenti fondamentali per la tua comunicazione vero?
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Performance: come si misura la crescita in azienda?

Quando si parla di Performance si pensa soprattutto ai risultati, all’esito delle azioni messe in atto.
Senza dubbio le azioni sono protagoniste della performance, ma non il punto di partenza.
Una prospettiva vincente è quella che all’interno dell’organizzazione incoraggia un concetto esteso della performance.
Non conta solo quello che viene fatto, ma significa moltissimo il modo in cui si fa.
No, no, non pensare che sia ovvio.
La gestione dei processi di un’organizzazione varia a seconda delle dimensioni della stessa, della dirigenza, della fetta di mercato e da tutta una serie di possibili condizioni incrociate e sovrapposte.
I risultati sono frutto delle competenze, ma non sempre 😟 Può capitare che siano frutto del caso, di un buon momento, di un fortunato incontro tra domanda e offerta.
Come te accorgi?🧐
Osservando i giri successivi, quando le cose prendono pieghe diverse e tu non riesci a gestirle con le stesse procedure, con lo stesso team, con la stessa mentalità.
Hai presente il detto “squadra che vince non si cambia”?
Ecco non funziona così e il detto è ormai quanto meno anacronistico. Questo non significa che non possa mai essere valido, ma potrei obiettare:
  • vince anche contro avversari diversi?
  • vince in quali condizioni di mercato?
  • vince perché tutti fanno quel che devono?
Potrei arricchire questo elenco a dismisura.
Le squadre perdono soprattutto quando non è chiaro cosa ci si aspetta da loro, per arrivare a questo è necessario indagare il concetto stesso di performance e stabilire delle linee guida, che fungano da riferimento per le azioni del team. 💡
Ogni suo componente infatti deve sapere in che modo viene misurato quel che fa.
Misurare non è azione fredda e disumana, è un metodo utile per ricavare parametri e avere riferimenti affidabili.
La misurazione qui non avviene con dei veri e propri numeri, ma con della categorie che in base agli obiettivi e ai comportamenti definiscono la performance secondo 3 parametri:
  • ottimale. Il team apporta all’organizzazione un contributo al massimo delle proprie possibilità. I suoi componenti sono in grado di agire comportamenti che superano le aspettative dell’organizzazione.
  • rilevante. Il team contribuisce in modo significativo al successo dell’organizzazione mettendo in atto comportamenti attesi, in linea con le aspettative.
  • non sufficiente. Il team è lontano dagli obiettivi stabiliti, dunque è necessario intervenire con un percorso di formazione adeguato o con una sostituzione di ruoli e mansioni. Molto spesso risorse poco efficaci su un progetto sono in grado di dare molto se gli viene affidato un compito di adatto alle loro competenze. Anche qui dunque è importante un’analisi dettagliata dei profili, di volta in volta, di progetto in progetto.
Misurare la performance significa avere informazioni dettagliate su come vengono fatte le cose e con quali risultati, solo così sarà possibile intervenire sul team con azioni di formazione o semplicemente con un cambio di ruolo.🎖️
Come si fa tutto questo?
Te lo dico io!

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Il cambiamento in azienda. Quali ostacoli?

Il cambiamento in azienda a volte è necessario, altre imprevedibile, altre ancora è mal gestito.
Gli ultimi due anni ci hanno insegnato che la capacità di adattamento al cambiamento può fare molto la differenza.
Tuttavia seppur il mondo fuori cambia, alcune situazioni interne alle organizzazioni possono generare problemi proprio per la loro resistenza al cambiamento fino a costituirne un vero e proprio ostacolo.
La situazione, per quanto complessa, ha una spiegazione semplice: si ha a che fare con delle persone e questo è di per sé un elemento di complessità.
Tanto per cominciare devo porti la domanda: come comunico un cambiamento in essere o previsto a breve?
Ormai dovresti aver capito che ogni interlocutore risponde a input diversi e un buon comunicatore non può tralasciare questo dato, pertanto è fondamentale che a prescindere dalle dimensioni dell’azienda si strutturi una modalità comunicativa ben tarata, altrimenti non sarà mai efficace.
Se il numero degli interlocutori è elevato si organizzano dei colloqui per dipartimenti, settori, sottogruppi, quello che vuoi, ma non tralasciare mai questo aspetto.
Per facilitarti il lavoro ti consiglio di partire da un aspetto la cultura aziendale.
In che modo si pensa in quell’organizzazione?
Quel è il mood predominante?
Qual è la modalità operativa che funge da comune denominatore di tutte le sue attività?
Il perché di queste domande è semplice: un cambiamento, anche se minimo, rompe un equilibrio, altera dei meccanismi, propone/impone nuovi modi di pensare.
L’abitudine genera certezza e dover cambiare abitudine non è facile soprattutto in età adulta.
Nuove pratiche e nuovi apprendimenti possono essere allo stesso tempo motivo di entusiasmo e rinnovamento per alcuni e motivo di sconforto per altri, quindi non è possibile applicare una modalità di introduzione del cambiamento standard e uguale tutte le volte, in tutte le situazioni.
La diversificazioni degli interventi pone una soluzione a tutto questo e mette le persone al centro di un processo che le riguarda da vicino e che avrà un impatto elevatissimo sul loro lavoro, ogni giorno.
Conoscere la cultura aziendale significa capire quanto le persone siano allineate con i valori aziendali e quanto siano flessibili e ben disposte con i possibili cambiamenti.
Non si tratta di indagare e interrogare ogni singolo collaboratore quanto piuttosto di rilevare informazioni sulle loro attitudini, preferenze, barriere personali che ostacolano la crescita professionale in un momento di transizione.
Tutto questo necessita di un processo strutturato.
Come si fa?
Parliamone!

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Come comunichi la tua vision? Impara a ispirare gli altri!

Definire la vision della propria azienda prevede un lavoro di analisi, di confronto, di lettura profonda dei valori e degli obiettivi.
Comunicare la vision, una volta che tutti i suoi elementi sono chiari e definiti non dovrebbe essere un’impresa.
Quello che può risultare davvero sfidante è ispirare gli altri, per condurli a far propria la vision in questione e seguirla.
Il primo passo riguarda proprio te che vuoi, o devi, essere d’ispirazione.
Sei stato proprio tu a definire la vision?
In tal caso hai messo sul tavolo tutti gli elementi che  la compongono?
Sei certo di riuscire ad esprimerla con chiarezza e coerenza?
Secondo punto, seconda domanda: non sei stato tu a definire la vision aziendale, ma hai aderito e l’hai fatta tua a un certo punto della tua carriera e della storia dell’azienda?
In entrambi i casi basta fare chiarezza su un punto per poter capire come diventare d’ispirazione per gli altri:
🔴  Avere una vision lucida equivale ad aver ben presente ogni tratto della strada da percorrere, avere immaginazione per introdurre cambiamenti, avere metodo e strategie per poter introdurre questi cambiamenti al momento e nel modo giusto.
Partendo da questo presupposto si può comunicare una vision nella modalità che si ritiene più congrua ed efficace, in base al contesto e agli obiettivi.
Altra cosa è essere d’ispirazione.
In primo luogo per poter essere d’ispirazione è necessario:
1) Saper trasmettere la vision in modo che sia:
➡️  chiara
➡️  semplice
➡️  rilevante
➡️  coerente con il contesto e gli obiettivi
2) Essere, e comunicare di essere:
➡️  credibile
➡️  fidato
➡️  appassionato
➡️  competente
Questi 2 aspetti sono fondamentali perché incidono e influenzano e, soprattutto, orientano, il lavoro degli altri.
Un leader crea e comunica una vision che dà un senso al lavoro degli altri
Charles Handy, specialista di management e comportamento organizzativo.
Al lavoro subito!
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Ci sta!

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Cosa rende un professionista virtuoso ? … Una bella litigata con mia madre!

“… E… ma quello è un lavoro prestigioso …”
Così è iniziata la litigata con mia madre.Da sapere :
Mia madre si è fatta da sola (self made woman)
Mia nonna, la madre di mia madre, fin da quando ero piccolo mi ha sempre detto “studia così fai un lavoro di prestigio… come lavorare in banca o il prete”.
A 19 anni ero fuori di casa.
A 20 consegnavo volantini in strada.Ora puoi leggere:È finita l’era in cui “Il lavoro nobilita l’uomo”.
Molte persone pensavano, ed alcune lo pensano ancora, che sia il lavoro a nobilitare l’uomo.
La verità è che siamo nell’epoca in cui è l’uomo a rendere nobile un lavoro.

(NB. “Il lavoro nobilita l’uomo” è una delle frasi più celebri dell’antichità, tanto che molti ne attribuiscono la paternità – non è certo però che sia così – nientemeno che a Charles Darwin).

Come ben ci insegna il mondo della parola e ogni studio sulle tematiche di Comunicazione, molto spesso i proverbi sono strettamente legati ai contesti in cui si verificano determinate situazioni o semplicemente all’epoca storica.

Ciò che può aver avuto un immenso valore in un determinato periodo, può averlo perso in un altro. Ciò che rende virtuoso l’agire umano può avere accezioni di significato diverse in funzione dei valori vigenti nel tempo e nel luogo in cui si verificano i suoi comportamenti.La vita di moltissimi individui è scandita da un timing professionale, in cui si diventa più o meno importanti – più o meno fighi – a seconda o del tipo di lavoro o del tipo di livello di carriera ottenuto.😕

Da sapere :
Credo che mia mamma lo pensi ancora

Il valore del lavoro in questo modo sale in proporzione al riconoscimento del proprio ruolo professionale, che arriva a sovrapporsi alla perfezione al ruolo sociale.
Sei un figo se fai un lavoro figo.

Ok.

Qual è un lavoro figo?
O, per essere più formali, quali sono le caratteristiche affinché un impiego possa definirsi prestigioso o meno?

È più prestigioso avere un impiego da operatore ecologico o dirigere un’azienda?

Eccoti qua, sei giunto alla domanda provocatoria, la cui risposta rischia di sembrare ovvia e invece ovvia non è.

Perché?

🔴 Perché il mondo è cambiato e oggi non è più cosa fai a renderti un professionista virtuoso, ma come lo fai, il livello di responsabilità che investi in ogni decisione presa, il senso di rispetto che preserva gli altri, quelli che dovranno subire le conseguenze delle tue azioni. 🔝

Ho conosciuto persone che svolgevano lavori riconosciuti socialmente come di gran prestigio così accecate dal loro ruolo e dall’ansia del risultato che avevano davvero perso il senso della dignità del lavoro.

Così come ho conosciuto persone alle prese con lavori ufficialmente più umili essere serene rispetto all’aver agito in una modalità che rendesse più facile, più sicura, più serena, anche per poco, la vita di qualcun altro.
Ci sono professionisti con carriere impeccabili a livello di curriculum che vengono smontate nel tempo di un’indagine a seguito della quale magari si viene anche radiati.Bisogna uscire dallo schematismo tradizionale che vuole ancora che ci siano lavori di prestigio e lavori umili.
Ci sono senz’altro lavori più vicini alle proprie inclinazioni, persone più fortunate di altre, persone che si impegnano più di altre per avere ciò che meritano, persone che non riescono nonostante il loro impegno.
Il puzzle ha una composizione molto variegata e l’attuale mercato ci permette di ribaltare il proverbio.

È l’uomo che nobilita il lavoro e che meriterebbe di guadagnare in modo direttamente proporzionale al livello di responsabilità che mette in quel che fa. E se consideriamo meglio il livello di responsabilità di un lavoro, allora quanto più alta sarà la responsabilità, tanto più alto dovrebbe essere il guadagno, o quanto meno il riconoscimento sociale.

Un esempio per tutti ?L’insegnante.
E qui mi taccio.

Il leader eccellente: è soprattutto una questione di valori

Il leader eccellente è quello che ci interessa, i suoi valori sono fondamentali.
È fondamentale individuare chi sia , selezionarlo bene, fare in modo che il suo onboarding sia accattivante e possa accrescere la sua voglia di restare, perché un vero leader, e questa è scienza, è bene non farselo scappare. Un leader eccellente, e con i giusti valori, ancor meno.
Un leader eccellente infatti è la chiave per impostare dei team produttivi e stimolati, ma soprattutto che si rivelino vincenti.
Se non hai letto il post precedente fai un passo indietro per completare la tua conoscenza sulle caratteristiche di un leader.
La relazione con i leader della tua azienda è un aspetto fondamentale, soprattutto considerando che il 75% dei collaboratori cambia azienda per problemi con il capo e non per insoddisfazione rispetto al proprio ruolo.
Il vero problema relativo alla ricerca di un leader eccellente è che nella stramaggioranza dei casi lei/lui non sta cercando te, perché magari perfettamente già inserito in uno specifico contesto, a capo di fighissimi progetti, con collaboratori super!
E allora diventa difficile attirare questa persona a te.
La maggior parte di coloro che possono definirsi dei bravi leader spesso non è attivamente alla ricerca di un nuovo lavoro, tuttavia valuterebbero molto volentieri un’opportunità se venisse loro offerta.
È molto importante saper attirare le persone giuste e che soprattutto abbiano coltivato nel tempo, nonché sviluppato con consapevolezza i seguenti valori:
  • Passione: imprescindibile. I leader non lavorano per se stessi, ma soprattutto per essere un riferimento per il team. La passione non può mancare, è fondamentale per stimolare il team, alimentarlo con energia per tenere alto il livello di motivazione e incrementare la produttività. La passione si traduce in entusiasmo e nella consapevolezza di conoscere bene il proprio lavoro.
  • Umiltà: è chiaro che le competenze di un leader siano più in risalto rispetto a quelle dei collaboratori, ma il vero leader, nella piena consapevolezza del suo valore, non è superbo, né presuntuoso. L’umiltà è una caratteristica distintiva e soprattutto produttiva in quanto è suo compito promuovere la delega e la collaborazione. Se si crede un super eroe è difficile che riesca nel suo intento.
  • Comunicazione: su questo con me non si transige, ma anche sul resto. L’utilizzo di una comunicazione efficace e costruttiva è lo strumento più prezioso per il raggiungimento dei risultati. L’atteggiamento più propenso per la messa in pratica di una Comunicazione Efficace è l’ascolto, senza il quale è molto difficile stabilire un contatto con gli interlocutori. L’ascolto è lo strumento chiave per comprendere al meglio le argomentazioni del proprio team. Il feedback quello più prezioso per la crescita e la produttività del team. La Comunicazione è la competenza più importante per il momento della delega, l’utilizzo di una comunicazione ben impostata ne facilita i processi.
  • Empatia: è il collante, ciò che crea la sintonia tra le opinioni e le emozioni di ogni singolo componente del team. In assenza di essa la catastrofe è annunciata.
  • Integrità: i collaboratori devono percepire onestà e trasparenza per poter lavorare in un clima sereno e costruttivo. Il leader deve ispirare fiducia e trasmettere i valori dell’azienda nelle attività che svolge e implementa.
I valori del leader eccellente ora ti sono chiari.
Non trascurare mai le competenze e le caratteristiche di un leader eccellente perché, ricorda, i dipendenti che se ne vanno, mollano i manager, non le aziende.
Scegli bene il leader per la tua azienda!

Le soft skills per diventare un leader eccellente

Oggi ti parlo di leadership!
Sai che quando si parla di soft skills il tema mi sta particolarmente a cuore e nel definire il profilo del leader le soft skills hanno un ruolo determinante.
Partiamo da lui: il leader.
Chi è? Cosa lo rende tale?

Per definizione, partiamo sempre dalle parole, un leader è una persona in grado di guidare (da “to lead” guidare, condurre) un gruppo verso un obiettivo comune.
Un leader competente solitamente è in grado di spiegare agli altri cosa devono fare, a fare in modo che acquisiscono gli strumenti per rendersi autonomi in primo luogo da lui.

Entrando però nella sfera delle competenze, ce ne sono di specifiche, è lecito ad esempio porsi la domanda: cosa distingue un leader dagli altri componenti di un gruppo?

Da quali step è costituita la crescita di un leader?

Queste domande rappresentano il punto di partenza per avere in azienda dei team produttivi e equilibrati.

Attraverso la voci dei collaboratori e l’individuazione di un comune denominatore tra le skills dei leader eccellenti è possibile individuare specifiche caratteristiche di un buon leader e di un leader meno buono.

A quanto risulta dalle risposte fornite, il 90% dei dipendenti sostiene che è più propenso a restare legato a un datore di lavoro che dimostra empatia. Questo ci porta a concludere che trovare un leader capace di mettere in atto empatia può aumentare il tasso di retention della tua azienda.
Le soft skills, lo ripeto da decenni, sono fondamentali quanto le competenze tecniche nella corretta gestione di un progetto.

Ti stai chiedendo quindi quali siano le caratteristiche di un buon leader?

Prendi nota:

  • Sa delegare
  • Gestisce bene il proprio tempo
  • Ascolta con attenzione
  • Si focalizza sulle soluzioni
  • Condivide i meriti

Di contro, un cattivo leader:

  • Microgestisce
  • Si occupa di mille cose alla volta
  • Predomina nelle conversazioni
  • Antepone la critica alla lode
  • Punta il dito

Un dato rilevato dal Global Trends 2019 riportato da Linkedin ci racconta che il 92% delle persone ritiene che le soft skills contino addirittura più delle hard skills.

Ma quali sono quindi queste soft skills?

Ti svelerò tutto al prossimo post!

Il successo è nella consapevolezza

Dopo aver analizzato i 7 principi che definiscono la cultura aziendale (non ne sai nulla? Clicca subito qui!) oggi gli elementi che la influenzano.
Avere la consapevolezza piena della cultura della propria azienda, studio professionale o laboratorio, come già dicevamo la scorsa volta, significa sapere con lucidità e velocità le azioni da compiere nel momento in cui si decide di intraprendere un cambiamento e in cui si è coinvolti da esso.
Non esistono soluzioni valide per tutti, non ci sono formule standard, ci sono delle strategie sicuramente ma il tutto va declinato in funzione della storia dell’azienda e di altri elementi che a breve vedremo nello specifico.

A mano a mano che leggerai questi elementi chiediti quale sia il tuo livello di conoscenza del tuo contesto di lavoro, anche se l’azienda non fosse tua il tuo ruolo potrebbe comunque risultare determinante e il tuo contributo fare la differenza.

Ciò che contribuisce alla costruzione della cultura aziendale e ne influenza l’andamento può essere così identificato:

  • La storia. Qualcuno la chiama anche “il sogno dell’imprenditore”. Come è nata la tua impresa, piccola o grande che sia? L’hai creata tu dal nulla? L’hai ereditata? È il risultato di una fusione o acquisizione? Che si tratti di un’azienda medio – grande o di un piccolo negozio non fa differenza: la storia scorre nelle vene della tua attività ed emergerà nei momenti più importanti. Tutto inizia dal sogno dell’imprenditore.

 

  • La proprietà: di che tipo di impresa stiamo parlando? Una gestione familiare? Un’attività imprenditoriale più complessa? Un’associazione o cooperativa? O lavori presso un’istituzione? Ognuna di queste tipologie determina la tipologia di azione da intraprendere.

 

  • Le dimensioni dell’ambiente: si opera a livello locale, regionale, nazionale o globale? È fondamentale per ragionare sulla preparazione al cambiamento.

 

  • La missione: parliamo di utili, valore/prezzo, beneficenza, crescita.

 

  • Le risorse: che persone operano al suo interno? Che attività svolgono e in che ruolo? Titolo di studio?
    Modalità di gestione: troppo controllante? Basata su assunzioni e licenziamenti? Sull’acquisizione di soci?

 

  • Livello tecnologico: quanto è digitalizzata e tecnologica l’organizzazione di cui stiamo parlando? E che peso ha il livello di tecnologie nella gestione del cambiamento?

Ignorare questi elementi, così come sottovalutarli, è rischioso e sciocco.

Ogni azienda porterà a un risultato diverso nella combinazione di questi elementi. Dunque il programma di cambiamento deve tenere presente questo presupposto per conseguire risultati di successo.

Una volta raggiunto il risultato va raccontato, comunicato, nelle modalità che ti propongo da tempo!

Non ti è ancora chiaro cosa significa comunicare ad alto impatto?
Ho le indicazioni che ti servono, basta cliccare qui!