abilità-comunicative-speaker
Le abilità comunicative … ovvero gli strumenti dello speaker.
Le abilità comunicative sono innate?
Può darsi, ma da qui a diventare uno speaker competente…
Non tutti nella loro professione o vita privata sono chiamati a fare discorsi pubblici, o a tenere presentazioni, quello di cui però sono convinto è che con la giusta preparazione tutti, o quasi, possono acquisire gli strumenti per diventare un bravo speaker.
🔴  Prima però rendiamoci conto che ogni buon discorso, ogni chiacchierata di successo, oltre la facciata nasconde una serie di dettagli che all’apparenza sembrano insignificanti ma che in realtà fanno una grande differenza.
E proprio perché sono dettagli la maggior parte delle persone non li considera nella loro effettiva importanza, anzi tende a sottovalutare tutto ciò che leggerete nelle prossime righe perché, purtroppo, crede che il contenuto sia molto più importante della forma.
Attenzione: non sto dicendo che il contenuto non sia importante ma non meno importante è anche il modo in cui si trasferisce il contenuto e tutti gli accessori, o come mi piace chiamarli, tutti gli strumenti della nostra cassetta degli attrezzi, fondamentali perché vi permettono di diventare ottimi comunicatori.
Questi strumenti, o queste abilità, sono potenzialmente sviluppabili in tutti.
Quindi il primo passo prima di capire come rendere applicabili queste abilità consiste nell’individuare dei punti focali su cui lavorare per costruire le proprie competenze in termini di public speaking e diventare un professionista.
Riassumiamo queste abilità ora in un elenco così se vorrai affinare le tue capacità puoi approfondire ogni singolo step del percorso formativo:
➡️  Gestione dello stress
➡️  Contatto visivo
➡️  Linguaggio non parole e pause
➡️  Uso della voce
➡️  Personalità humor ed entusiasmo
➡️  Gestualità
➡️  Posizione e movimenti
➡️  Abbigliamento

Ogni macro area del bullet point è un mondo da esplorare, con contenuti da studiare e abilità da esercitare.

Non c’è bisogno di ribadire che, se la maggior parte delle persone si dedica allo studio del public speaking per migliorare performance professionali, anche la vita privata, le relazioni, ne ricavano grandi benefici, evitando equivoci, omissioni, errori difficilmente riparabili.
La regola generale non sbaglia mai: studiare, essere competenti, allenarsi.
Sempre 🔝
Adesso puoi andare
Vuoi già saperne di più 👇

Ci sta!

Scrivimi: info@matteomaserati.it

Intanto puoi dare un’occhiata qui!

parlare-in-pubblico-paure

Parlare in pubblico ti terrorizza? Conosci le tue paure per superarle.

Quante volte mi hai sentito di dire che la paura di parlare in pubblico è la seconda in assoluto dopo quella di morire?
Può sembrare assurdo, vero.
Quando sei sul palco, ma persino di questi tempi in call, si fanno spazio della paure che nemmeno sapevi di poter provare.
Te lo dico dopo anni di training a professionisti validissimi nelle loro professioni, ma terrorizzati all’idea di comunicare qualcosa, a voce, pubblicamente, fosse anche un pubblico di 10 persone.
Le paure risiedono nell’irrazionale, quindi, in questa sede, ha senso provare a conoscerle meglio con il solo obiettivo di superarle perché, te lo dico chiaramente, se ti lasci bloccare la delusione diventerà la più forte di queste paure.
E la frustrazione … meglio non tirarla in ballo.
Allora andiamo al sodo, affrontale subito, capendone la natura:
➡️  non riesco a parlare a lungo di un determinato argomento. Hai un timer interiore??? Ci sono due leve da poter utilizzare: in primo luogo oggi la sintesi è molto apprezzata … ad una condizione però – ed è il secondo punto –  che ci sia sostanza, quindi il contenuto va studiato e preparato bene!
➡️  qualcuno tre il pubblico ne sa più di me. Può darsi che accada, inutile temerlo. Questa condizione è possibile che si verifichi, ma non su tutta la performance. Ti spiego: è possibile che qualcuno ne sappia più di te su un punto, un argomento, ma non su tutto quello che hai da dire. Se poi si tratta di un collega e le vostre competenze sono simili o complementari, gestisci la tua presentazione coinvolgendolo, ti conferirà sicurezza e apertura mentale. Può essere funzionale al tuo discorso, pensaci!
➡️  non verrò preso sul serio: questa è una della paure più terribili, ma qui con un buon allenamento non c’è bisogno di improvvisazione. Ecco la soluzione: competenza negli argomenti trattati e soprattutto un buon lavoro sulla tua  Comunicazione d’Impatto per creare un alto livello di credibilità. Non sai farlo? C’è poco da fare: vieni da me e non avrai più questo problema.
➡️  risulterò buffo? Perché mai? Già è capitato? Ti succede quando sei nervoso? Autoironia e personalità! Questa è la chiave vincente. Bisogna lanciarsi, capire i propri limiti e solo così scoprire con meraviglia inaspettati punti di forza.
Sono esaurite qui le paure?
Certo che no, te ne elencherò ancora, ma la regola generale non sbaglia mai: studiare, essere competenti, allenarsi.
Sempre 🔝
Adesso puoi andare 😉
Vuoi già saperne di più 👇

Ci sta!

Scrivimi: info@matteomaserati.it

Intanto puoi dare un’occhiata qui!

discorso - non-parole

Il tuo discorso è in pericolo? Causa delle non parole.

Hai mai sentito parlare delle NON PAROLE?
Te ne parlo.
Le non parole sono il modo più sicuro per mandare all’aria il tuo discorso.

Hai presente quelle persone che, mentre stanno esprimendo un’idea o ti stanno raccontando qualcosa, intervallano le loro parole con suoni di questo tipo:

“Emm, eeee, cioè , precisamente, sinceramente , appunto, etc…”

Oppure tendono a trascinare l’ultima lettera della parola che hanno appena pronunciato : “ieriiiii sono andato a casa eeee…”

Ecco, queste sono le non parole.

🔴  Il motivo per cui si utilizzano le non parole è molto semplice: una percezione errata del silenzio.

Spesso avrai notato che mentre stai parlando ti trovi nelle condizioni di dover pensare a ciò che stai per dire ed alcune volte non ti viene subito la parola o il modo in cui pronunciarla, in quel preciso istante puoi trovarti nelle condizioni di fare silenzio, una piccola pausa di alcuni istanti.

Le pause però fanno paura perché il silenzio stesso fa paura.

Siamo infatti portati a pensare che chi tace è perché non sa.

Questo può essere vero se il silenzio è molto prolungato, ma se dura pochi istanti tende solo ad evidenziare ed esaltare quello che abbiamo appena detto o che stiamo per dire.
La preparazione è importante, questo però significa anche essere pronti per un momento di buio di contenuti, di vuoto di idee, esempi o di possibili associazioni.
Nel mondo del teatro esistono degli espedienti per i momenti di buio di contenuto. Per riempire quel vuoto, che può essere percepito negativamente dal pubblico, si ricorre a delle frasi, delle ripetizioni, ma per il Public Speaking non funziona così e riempire il vuoto con le non parole è molto più pericoloso, per l’esattezza è un disastro preannunciato.
Piuttosto può risultare utile proporre davvero una pausa al pubblico e ricaricare le idee, gestendo il momento di ansia e il disordine di contenuto.
Le NON PAROLE tendono a trasferire una sensazione di insicurezza ed inadeguatezza.

Molte persone che ho formato in questi anni hanno cambiato drasticamente la percezione che trasferivano all’esterno prestando un po’ di attenzione a quanto fosse importante sostituire le loro parole con delle pause pensate, calibrate e significative.

Il modo migliore per non pronunciare NON PAROLE e sostituirle con le giuste e fare esercizio.

Studiare, essere competenti, allenarsi.
Sempre 🔝
Adesso puoi andare 😉
Vuoi già saperne di più 👇

Ci sta!

Scrivimi: info@matteomaserati.it

Intanto puoi dare un’occhiata qui!

usa- personalità - con -il-tuo-pubblico

Vuoi ridurre la distanza con il tuo pubblico? Uno dei segreti è nella personalità!

La distanza con il pubblico è uno dei primi ostacoli che uno speaker deve assolutamente evitare se vuole ottenere una performance di successo.
Sì ma che significa “distanza”?
Oggi il concetto di distanza è stato molto rivisitato in funzione delle nuove forme di studio e di lavoro on line, ma quando si parla di distanza tra speaker e pubblico ci si riferisce solitamente a quella sensazione frustrante e alienante di quando senti che nessuno ti sta ascoltando, che nessuno è davvero interessato a quello che stai dicendo.
Questa situazione genera sentimenti di sconforto e demotivazione soprattutto perché solitamente uno speaker prepara un discorso in funzione del proprio pubblico, quindi è difficile che dica qualcosa che non serve o non interessa a chi ascolta.
Il problema però è che può capitare e che, come tutti i mestieri, anche lo speaker presenta dei limiti e dei rischi che non può evitare in assoluto, ma che può sicuramente gestire.
Non c’è bisogno di dire che la preparazione sui contenuti e la capacità di gestione dello stress in questi casi sono fondamentali, ma, oltre a questo, puoi fare affidamento anche ad alcuni aspetti del tuo carattere che aiutano molto ad essere apprezzati dal pubblico – sia fisicamente presente che on line –  in particolare mi riferisco a:
➡️  personalità
➡️  humor
➡️  entusiasmo
🔴 Questi aspetti hanno una presa molto veloce ed efficace sul pubblico perché creano un ambiente più familiare per chi ascolta e rendono più dinamici e interessanti i contenuti che alle volte, va detto, possono non essere il primo interesse di chi ascolta.
Sei pronto?
Alt!
Non ho finito!
Questo suggerimento ahimè, non è per tutti: ti raccomando di ricorrere allo humor, alla personalità e all’entusiasmo solo se fanno davvero parte di te e soprattutto del tuo modo di comunicare.
Non solo: soprattutto nel caso dello humor, mettilo in atto solo quando il contesto te lo consente.
Un’ulteriore accortezza: se decidi di utilizzare un aneddoto divertente per la spiegazione di un concetto o di un processo, non dimenticare di rafforzarlo con degli elementi logici per dare un senso e soprattutto un contesto al messaggio che vuoi trasmettere al tuo pubblico.
Adesso puoi andare!
Vuoi già saperne di più 👇

Ci sta!

Scrivimi: info@matteomaserati.it

Intanto puoi dare un’occhiata qui!

comunichi-la-tua-vision

Come comunichi la tua vision? Impara a ispirare gli altri!

Definire la vision della propria azienda prevede un lavoro di analisi, di confronto, di lettura profonda dei valori e degli obiettivi.
Comunicare la vision, una volta che tutti i suoi elementi sono chiari e definiti non dovrebbe essere un’impresa.
Quello che può risultare davvero sfidante è ispirare gli altri, per condurli a far propria la vision in questione e seguirla.
Il primo passo riguarda proprio te che vuoi, o devi, essere d’ispirazione.
Sei stato proprio tu a definire la vision?
In tal caso hai messo sul tavolo tutti gli elementi che  la compongono?
Sei certo di riuscire ad esprimerla con chiarezza e coerenza?
Secondo punto, seconda domanda: non sei stato tu a definire la vision aziendale, ma hai aderito e l’hai fatta tua a un certo punto della tua carriera e della storia dell’azienda?
In entrambi i casi basta fare chiarezza su un punto per poter capire come diventare d’ispirazione per gli altri:
🔴  Avere una vision lucida equivale ad aver ben presente ogni tratto della strada da percorrere, avere immaginazione per introdurre cambiamenti, avere metodo e strategie per poter introdurre questi cambiamenti al momento e nel modo giusto.
Partendo da questo presupposto si può comunicare una vision nella modalità che si ritiene più congrua ed efficace, in base al contesto e agli obiettivi.
Altra cosa è essere d’ispirazione.
In primo luogo per poter essere d’ispirazione è necessario:
1) Saper trasmettere la vision in modo che sia:
➡️  chiara
➡️  semplice
➡️  rilevante
➡️  coerente con il contesto e gli obiettivi
2) Essere, e comunicare di essere:
➡️  credibile
➡️  fidato
➡️  appassionato
➡️  competente
Questi 2 aspetti sono fondamentali perché incidono e influenzano e, soprattutto, orientano, il lavoro degli altri.
Un leader crea e comunica una vision che dà un senso al lavoro degli altri
Charles Handy, specialista di management e comportamento organizzativo.
Al lavoro subito!
Vuoi già saperne di più 👇

Ci sta!

Scrivimi: info@matteomaserati.it

Intanto puoi dare un’occhiata qui!

gestione-del-cambiamento-intelligenza-emotiva

Gestione del cambiamento: sviluppare un’organizzazione con l’intelligenza emotiva

Perché parlare di Intelligenza Emotiva in merito ai cambiamenti organizzativi?
Perché, seppur non è l’unico, è un elemento di grandissima importanza.
Vediamo subito in che modo.
La prima necessità a farsi largo in un clima di cambiamento organizzativo è quella che i manager siano in grado di mettere in campo, oltre alle loro competenze specifiche e di settore, anche di tutta una serie di soft skill di cui l’intelligenza emotiva è il pilastro.
Non si tratta di un talento o di una caratteristica innata, si sviluppa attraverso un lavoro che la trasformi da obiettivo a competenza.
Partiamo però dall’inizio.
Come capisci che è tempo di lavorare sul fattore “intelligenza emotiva” nella tua organizzazione?
Osservando se sono presenti i seguenti inequivocabili segnali:
➡️  perdita di produttività
➡️  mood generale negativo
➡️  stress organizzativo manifesto
➡️  carenze o imperfezioni nel rapporto con i clienti
➡️ alto turnover dei collaboratori
➡️  carenza di un equilibrio vita/lavoro dei collaboratori
➡️  necessità di attrarre talenti
Ognuno dei fattori in elenco porta con sé una preoccupante dose di guai, quindi non bisogna perdere un solo minuto.
AGIRE!
Dopo aver individuato questi elementi e fatto luce sul loro peso all’interno dell’organizzazione, è necessario porsi delle domande sull’ IE (intelligenza emotiva):
– Come può aiutare l’IE❓
– Quali sono le figure che in questo momento ha più  senso formare in termini di IE ❓
– C’è già qualcuno in grado di mettere a disposizione dell’azienda e in base alle proprie competenze la propria IE ❓
– In che modo l’IE andrà comunicata e diffusa in termini di cultura aziendale❓
Elementi da osservare e domande da porsi: questo il punto di partenza e, ti avviso, e già tanto lavoro da organizzare e gestire, ma sapere da dove partire è senza dubbio un grande vantaggio!
Al lavoro subito!
Vuoi già saperne di più 👇

Ci sta!

Scrivimi: info@matteomaserati.it

Intanto puoi dare un’occhiata qui!

I segreti del linguaggio del corpo: i gesti di autoconforto.

Il linguaggio del corpo è un mondo molto esteso e ricco di dinamiche spesso di non facile comprensione.
Più volte ti ho spiegato che la maggior parte del messaggio comunicativo si gioca lì, in tutto quello che passa attraverso la comunicazione non verbale.
Oggi ti voglio svelare quel che si cela dietro a un altro interessante gesto del linguaggio del corpoil gesto di autoconforto.
Ti riporto un esempio di immediata comprensione perché ha come protagonisti i membri della famiglia reale britannica, che hanno un bagaglio di linguaggio codificato non indifferente, ma anche in fatto di gesti di autoconforto non scherzano.
Questo accade spesso nelle occasioni pubbliche, in cui, oltre a dover seguire un protocollo rigido di comportamenti,  devono essere in grado di gestire imprevisti e comunicarli al loro prontissimo staff.
La borsa della regina … ti sembra mai possibile che la regina abbia bisogno di una borsa? Pensi che dentro abbia contanti, cellulare e agenda con tutto lo staff che ha a disposizione?
La borsa della regina serve per mettere in atto gesti di autoconforto, per proteggersi quando si sente in imbarazzo, per chiedere aiuto ai suoi assistenti in un momento di difficoltà per stringere qualcosa in mano e scaricare la tensione.
Sul principe Carlo si potrebbe scrivere un manuale.
Hai notato che nelle occasioni pubbliche, quando scende dall’auto incrocia un braccio davanti al busto e si tocca la tasca della giacca?
Ecco, quello è un gesto di autoconforto, perché, anche in questo caso, vuoi che ci sia del denaro, un telefono, o altri oggetti in quella tasca?
Ovviamente no.
Non bisogna essere dei reali per mettere in atto gesti di autoconforto, capita ogni giorno nella vita di chiunque.
🔍  zoom sul gesto di autoconforto inconfondibile: la mano sul collo o sulla nuca, è tipico non solo nei momenti di ansia, ma anche nei momenti di attesa per cadenzare il tempo o per sopportare il silenzio in presenza di altre persone.
Se l’emozione di disagio aumenta, allora si passa alla mano in bocca, fino al gesto di mangiarsi le unghie o mordicchiarsi le mani.
Se ci sono accessori sul corpo allora ecco che vedrai persone giocare con la collana, togliere e mettere l’anello, tirarsi l’orecchino.
Si tratta di meccanismi inconsci e incontrollabili e per questo segnali utilissimi per capire lo stato d’animo di chi hai davanti.
Tutto chiaro???
Vuoi già saperne di più

Ci sta!

Scrivimi: info@matteomaserati.it

Intanto puoi dare un’occhiata qui!

chi-legge-quello-che -scrivi

Chi legge quello che scrivi? Diventa il tuo lettore per un giorno.

Chi legge quello che scrivi?
Si dice che chi sceglie il tuo lettore sia proprio tu.
Chi scrive infatti, secondo le regole che ci insegna Google e il marketing, sceglie il cosiddetto target, ovvero la fascia di pubblico a cui destinare i contenuti che scrive.
Il primo passo, a dire il vero, è proprio quello di scegliere il pubblico.
Cosa succederebbe se così non fosse?
Ti illustro subito lo scenario catastrofico.
Supponiamo tu abbia un servizio da presentare.
Devi descriverne le caratteristiche, ma soprattuto i vantaggi e il modo in cui migliora la vita di chi lo compra.
Inizi a scrivere in preda all’entusiasmo, butti giù i dettagli dettagli tecnici, le tue opinioni, le prove inconfutabili del valore del servizio, ma …
AAAALT!
Tutto questo lavoro per chi lo stai facendo?
A chi serve quel che scrivi?
Che mestiere deve fare chi legge per apprezzare quel servizio?
In quale fascia di età deve essere collocato?
Cosa cercherebbe su Google se avesse bisogno di quello che stai cercando di vendere?
Queste domande non sono solo importanti, sono vitali per la tua attività.
🔴  Individuare chi ti legge è fondamentale quando scrivi.
Il passo più strategico per comprendere come arrivare al tuo lettore ideale è immedesimarsi in lui/lei, fingere per un tempo limitato di essere lui.
Cosa si aspetterebbe di trovare?
In che linguaggio lo accoglierebbe con maggior naturalezza?
Lo so, ti stai preoccupando, ma non devi!
Ho preparato per te un primo vademecum di domande da tener presenti (inchiodale sullo schermo su cui lavori) quando scrivi un argomento che ha una destinazione di acquisto oppure che contiene dei temi per te importanti da trasmettere ai giusti destinatari:
➡️  che fanno nella vita le persone a cui vuoi scrivere?
➡️  che problemi potrebbe loro risolvere il tuo servizio/prodotto?
➡️  hanno un background specifico o eterogeneo?
➡️  perché pensi di essere in grado di scrivere un messaggio per loro?
➡️  chi sei tu per loro?
Fissa bene questi punti perché sono imprescindibili se vuoi davvero arrivare al tuo interlocutore.
Una volta individuato il tuo pubblico, puoi tarare il linguaggio e scegliere la forma giusta, la più efficace, per esporre i tuoi contenuti e raggiungere i tuoi obiettivi.
Tutto chiaro???
Vuoi già saperne di più 👇

Ci sta!

Scrivimi: info@matteomaserati.it

Intanto puoi dare un’occhiata qui!

L’ansia durante una presentazione: il legame tra corpo e mente

Se l’ansia durante una presentazione rischiava di essere un problema serio quando il mondo si relazionava solo di persona, con lo smart working la questione può diventare ancora più delicata.
 
Immaginati una situazione in cui un tuo interlocutore in video call viene colto da un momento di ansia serio: probabilmente d’istinto farebbe le stesse cose che gli verrebbe da fare di persona. 
 
Il problema però è che alcune situazioni non sono risolvibili allo stesso modo di persona e da remoto.
Perché?
Perché la webcam fornisce un’inquadratura, e dunque una visione, parziale delle immagini!
Il ritaglio del volto dunque in un immaginario mondo perfetto a livello comunicativo, dovrebbe contenere solo quegli elementi funzionali ad una comunicazione efficace o d’impatto.
 
Se arriva l’ansia non può essere così perché tutti quei segnali che anche dal vivo disturbano il sereno fluire della comunicazione, via web sono al centro dell’inquadratura e distruggono il livello di attenzione dell’interlocutore, anche perché rubano gran parte dello spazio consentito da uno schermo.
 
Di cosa stiamo parlando?
 
Partiamo dal nemico più acerrimo di una presentazione pubblica: l’ansia.
Che si sia ansiosi per natura caratteriale o perché non si regge lo stress di una presentazione, poco cambia.
Il risultato e una situazione di disagio che difficilmente può essere nascosta a chi ci osserva e ascolta.
 
Lo schema comportamentale di una persona in ansia nel corso di una presentazione è piuttosto ripetitivo e prevedibile, motivo per cui è assolutamente impossibile non notarlo e salvare il relatore da una spiacevole figura.
Abbiamo ribadito centinaia di volte che il livello di preparazione qui c’entra poco, è un problema prettamente legato alla circostanza di parlare in pubblico, anche se il pubblico è dietro allo schermo.
In fondo, e sai anche questo, parliamo della seconda paura più diffusa dopo quella di morire.
Serve di nuovo l’elenco dei movimenti che raccontano l’ansia?
Sì serve, perché per farci un serio lavoro su si devono avere lì, nero su bianco, ed essere osservati come piccoli batteri da eliminare.
Il caso poi vuole, tanto per peggiorare le cose, che quei piccoli tic di manifestazione d’ansia riguardino per lo più il viso, focus ben centrato di una video call.
Non è l’unica parte del corpo coinvolta ok, infatti se inizi a ballare con la gambe o a stropicciarti le dita probabilmente nessuno si accorge, ma se il linguaggio del corpo inizia manifestarsi sul volto, addio agli obiettivi della tua video call.
Vediamo i gesti più diffusi:
  • accarezzarsi l’orecchio
  • toccarsi il naso
  • mangiarsi le unghie o comunque mettere le dita in bocca
  • spostarsi continuamente con la sedia (sai che balletto!)
  • pettinarsi le sopracciglia
Un valido ausilio per il controllo di questi meccanismi automatici potrebbe essere sicuramente quello di osservarsi nelle finestre che ogni canale di videoconference offre. Anzi, direi che come sempre la tecnologia offre soluzioni, perché ovviamente quando sei in aula questo plus non ce l’hai, non è che parli davanti a uno specchio !!!
Quindi osservati, correggiti e non smettere mai di esercitarti 💪
🔴 Concentrati sul tuo corpo allo stesso modo di come ti concentri per organizzare i contenuti e poi comunicarli.
Rendi le cose più facili a chi ti ascolta, ma soprattutto rendi più efficace il tuo messaggio, più diretta e chiara la tua comunicazione.
 
 
Tutto chiaro???
Vuoi già saperne di più 👇

Ci sta!

Scrivimi: info@matteomaserati.it

Intanto puoi dare un’occhiata qui!

linguaggio-non-verbale-in-una-presentazione

In aula o in video call: il linguaggio non verbale in una presentazione.

Il linguaggio non verbale rappresenta la componente più corposa di un momento comunicativo.
Il 93% di un messaggio (è questa la percentuale totale di elementi non verbali in un atto comunicativo), è a sua volta composto per il 55% da segnali visivi e il 38% da elementi paralinguistici.
Il nostro modo di lavorare è cambiato, quello che non deve cambiare è la capacità di gestire il linguaggio non verbale all’interno di una presentazione. Che si tratti di un meeting di persona, o di una video call ci sono dei comportamenti da tener sempre presenti se non si vuole ottenere il risultato di distrarre l’ascoltatore anziché attirare la sua attenzione.
Il pericolo in questo momento storico è in agguato più che mai, proprio perché si è passati alla modalità smart working, che per molti è home working, si tende a vivere in modo più easy anche le situazioni strutturate in funzione di uno specifico obiettivo.
Quindi prendi nota di quel che segue, e fai uno strategico copia e incolla sul tuo file dei meeting, se non ce l’hai crealo e annota tutte le informazioni utili per la buona riuscita della tua performance:
  • non essere immobile come un manichino: dal vivo non oso immaginare la scena, ma anche davanti a uno webcam l’interlocutore se non ti muovi potrebbe annoiarsi a dismisura. Neanche il mal di mare però: virtus in media stat!
  • se devi leggere qualcosa o fare riferimento a un tuo supporto di appunti, non c’è nulla di sbagliato, ma prepara un power point e mostralo in aula o nello schermo condiviso. Il non verbale che emerge durante la lettura degli appunti, se non condivisa, sarebbe distraente, sia in aula sia in video call.
  • non guardare in giro per la stanza né in aula, né in video. Focus sempre su chi ascolta!
  • se c’è qualcosa che ti distrae nell’ambiente in cui stai eseguendo la tua presentazione, ignorala. Alla prima pausa potrai andare a controllare.
  • supporta il non verbale con un buon paraverbale: qui siamo al confine tra le due aree, ma un giusto tono, timbro, ritmo e volume della voce condizionano moltissimo anche l’effetto del non verbale sugli ascoltatori.
  • e … dulcis in fundo … rileva il non verbale di chi ti ascolta: osserva il tuo pubblico in aula, fai uno sforzo di vista sullo schermo e cerca di captare le reazioni, l’atmosfera!
Tutto chiaro???
Vuoi già saperne di più 👇

Ci sta!

Scrivimi: info@matteomaserati.it

Intanto puoi dare un’occhiata qui!